Calenda, l’ultima offerta per il patto con il Pd. Letta: serve alleanza, il terzo polo aiuta le destre

Calenda, l’ultima offerta per il patto con il Pd. Letta: serve alleanza, il terzo polo aiuta le destre

Carlo Calenda aveva deciso: no all’accordo con il Pd, e andiamo in modalità terzo polo insieme a Renzi e Più Europa. Poi però, la situazione si è ingarbugliata, dopo una giornata in cui tutto faceva pensare alla rottura tra Celenda e Letta, con il leader di Azione che ha bombardato Di Maio, Fratoianni, i Verdi e qualsiasi alleato dei dem o di sinistra e anti-sviluppista e anti-draghiano o ex M5S come Di Maio a cui il leader di Azione rimprovera tutto e di più con una raffica di tweet contundenti: «E’ quello dei gilet gialli e della richiesta di impeachment a Mattarella». Tutto risolto dunque, tanto è vero che Renzi già esultava per la nascita del terzo polo? Macché. Calenda si chiude in una dimensione irraggiungibile, i suoi non riescono a parlarci e lui fa solo trapelare che «sono tormento e sto pensando che cosa fare».

Sa bene che rompere con il Pd significa regalare tutti o quasi i collegi uninominali alla destra e la disfatta del centrosinistra gli verrebbe rinfacciata per sempre. Allo stesso tempo ha tra le mani sondaggi che gli dicono che potrà essere premiato dal voto dei moderati, strappando quote di elettorato al centrodestra, soltanto andando in solitaria e non con la sinistra. In più, e giù altri tweet, la compagnia di Fratoianni e di Bonelli e di un Pd non del tutto a suo dire de-grillizzato lo imbarazza e la rifiuta. E la proposta di Letta di dare una dote ai diciottenni attraverso la tassa di successione la giudica orrenda e twitta anche questo suo rifiuto. 

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IL TESTO

Dunque, rompe Carletto? A sera arriva l’appello di Letta: «Calenda non lo fare, non regaliamo l’Italia a questa destra». Inoltre, Più Europa suopi alleati gli chiedono delucidazioni e comincia una riunione con loro: Bonino e compagnia vogliono fare alleanza con il Pd, e dicono a Calenda di non rompeere assolutamente. Lui è davvero combattuto. A lungo fa perdere le sue tracce, e dopo cena si capisce che sta scrivendo una lettera a Letta. Che è una sorta di ultimo appello he rinvia le decisione di oggi: ovvero, caro Enrico, non candidare nei collegi uninominali i Fratoianni, i Di Maio, i Bonelli, non costringerci a votarli e falli presentare nel proporzionale con i loro partiti. Calenda chiede altro tempo per decidere. Lamenta che le condizioni chieste a Letta non hanno avuto risposta. e Letta dalla festa dell’Unità di Reggio Emilio a sera: «Il tempo passa, ormai c’è poco tempo davanti. Non credo sia stato sbagliato in questi giorni discutere e prenderci qualche giorno di tempo per ragionare e riflettere». 

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La lettera di Calenda a Letta dice questo: «Siamo convinti di un accordo Azione-Più Europa con il Pd per fermare la destra. Però su due punti dovete darci risposte. Quelli che non vogliono l’Agenda Draghi non possiamo votarli, e quindi candidateli nel proporzionale e non nei collegi uninominali. E punto numero due: caro Enrico, ci sono tanti elementi che ci accomunano, come il salario minimo e i temi dei diritti. Ma vogliamo risposte da te, chiare e vincolanti, sulle infrastrutture energetiche, sulla revisione (non abolizione) del reddito di cittadinanza, sulle politiche fiscali e sul bilancio. Sui questi argomenti occorre trovare punti di compatibilità». Ovvero, la sinistra anti-sviluppista non la vogliamo e se tu la vuoi non saremo con te. Ma evviva i rigassificatori, gli inceneritori, e noi non staremo mai con chi non li vuole. 

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Dunque il dialogo resta aperto ma la soluzione ancora non c’è. E il terzo polo che ieri pomeriggio pareva già nato («Noi ci siamo», ha detto Renzi), poi è svanito ma forse tornerà. Il polo dei né-né – non con i sovranisti Meloni e Salvini e neppure con la sinistra para-grillina – si farà all’insegna dell’abbraccio Calenda-Renzi ma per ora non è detto che si farà, anche se Matteo sembra ottimista e allo stesso tempo prepara le due liste. Superando il 3 per cento, spera di avere 12 parlamentari. I sicuri eletti da listino Italia Viva sarebbero oltre a Renzi (schierato in Campania dove Italia Viva alle amministrative ha avuto il record dell’8 per cento ma anche in altre 4 circoscrizioni a fare da traino), Maria Elena Boschi (in Val d’Aosta), Luigi Marattin (contro Di Maio, ovunque si candiderà Di Maio e al grido molto renziano: «Noi siamo la competenza e loro la cialtroneria»), Ernesto Carbone (Emilia), Rosato (Friuli), Migliore (Campania), Bellanova (Puglia), Faraone (Sicilia), Bonifazi (Toscana), Nobili (a Roma), Scalfarotto (in Lombardia), la Bonetti (in Veneto) e il tesoriere Del Barba (in Valtellina).  Oggi altra puntata, e stessa telenovela: Calenda va con Letta oppure no? 

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