Cambia la TARI: si pagherà di meno e in 3 rate

Cambia la TARI: si pagherà di meno e in 3 rate

È ufficiale, dal prossimo anno ci saranno delle importanti modifiche alla Tari. Scopriamo quali sono le novità che sicuramente entreranno in vigore.

La Tari è l’imposta comunale sui rifiuti, che devono pagare tutti i cittadini che utilizzano un’area o uno spazio suscettibile di produrre immondizia.

tari
Foto Canva

La tassa comprende i costi di gestione del Comune per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti, la ripulita e il lavaggio delle strade, il deposito e il recupero dell’immondizia ed il suo smaltimento.

In base alle recenti volontà dell’Esecutivo, la Tari potrebbe subire dei cambiamenti rilevanti a partire dal 2023. Innanzitutto, dovrebbe essere introdotto il pagamento proporzionale alla percentuale di rifiuti prodotti. In base ad una recente sentenza dalla Commissione Tributaria Regionale della Toscana, infatti, i Comuni non possono pretendere dai non residenti la stessa cifra dei residenti, prevedendo tariffe eccessivamente alte, senza che vi sia un’effettiva produzione di rifiuti.

Scopriamo, dunque, in che modo le amministrazioni comunali decideranno di adeguarsi a tale provvedimento.

Per ulteriori approfondimenti, consulta il seguente articolo: “TARI, cambia l’importo: le differenze tra Comuni spariranno“.

Tari: che cos’è?

La Tari, la cd. tassa sui rifiuti, è l’imposta da versare al Comune a fronte della fruizione di tutti i servizi relativi alla raccolta e al successivo stoccaggio dei rifiuti. È stata introdotta dalla Legge di Stabilità del 2014. Fa parte, dunque, dell’imposta unica comunale (IUC), cioè di quei versamenti stabiliti dal Comune per poter assicurare ai propri cittadini l’efficienza di determinate prestazioni.

La Tari, inoltre, ha sostituito la vecchia Tares; non sono cambiate, tuttavia, le modalità di pagamento rispetto a quest’ultima.

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Chi è obbligato al pagamento?

L’imposta sui rifiuti è un onere che spetta a tutti i soggetti che occupano ed utilizzano locali e superfici scoperte, ubicate in un determinato Comune italiano. La tassa, dunque, va versata per il semplice utilizzo di queste aree, indipendentemente dal titolo che giustifica l’occupazione. Solo nell’ipotesi di occupazione precaria, cioè di occupazione di locazioni di breve durata (per esempio, le locazioni a scopo turistico), la Tari deve essere pagata solo dal proprietario.

È il comma 641 della Legge di Stabilità 2014 a specificare chi deve versare la Tari: “il possesso o la detenzione, a qualsiasi titolo, di locali o di aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla TARI le aree scoperte pertinenziali o accessorie a locali tassabili, non operative, e le aree comuni condominiali di cui all’articolo 1117 del codice civile che non siano detenute o occupate in via esclusiva”.

In sintesi, sono obbligati a pagare la tassa i proprietari degli immobili, gli inquilini e tutti i titolari di imprese commerciali. Per gli immobili in comunione tra più nuclei familiari, inoltre, ognuno può versare la totalità dell’imposta.

Leggi anche: “TARI, nuovi obblighi per Comuni e cittadini: ecco cosa cambia nel 2023“.

Le ultime novità sulla Tari

L’innovazione più importante riguarda l’ipotesi di far pagare la Tari sulla base della reale quantità di rifiuti prodotta. Secondo i giudici, infatti, non è legittimo il regolamento comunale che non soddisfa il principio di proporzionalità.

In base a quanto stabilito con una recente sentenza, non si può esigere il versamento dello stesso importo sia dai residenti sia dai non residenti. Chi, infatti, abita in maniera stabile nel territorio comunale, per forza di cose produrrà un quantitativo di rifiuti maggiore di chi, al contrario, risiede in un determinato Comune solo in alcuni periodi di tempo limitati e sporadici. Poiché la Tari ha l’obiettivo di coprire i costi del servizio offerto dall’amministrazione comunale, coloro che producono meno immondizia non possono pagare una quota elevata.

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C’è, però, un’altra novità. I Comuni e le società di rifiuti, infatti, dovranno prevedere l’attivazione di un numero verde gratuito per i cittadini. Dovrà, poi, essere introdotto un servizio gratuito di raccolta dei rifiuti ingombranti e garantito il pagamento a rate della tassa per i contribuenti in difficoltà economica, con la relativa esenzione dal versamento della Tari sui terreni agricoli. Questi ultimi, infatti, non sono suscettibili di produrre rifiuti. Il pagamento, invece, è dovuto per i terreni edificabili.

Come si calcola la tassa sui rifiuti e quando si paga?

Il calcolo della Tari dipende dalla quantità di rifiuti prodotti, dal numero dei componenti del nucleo familiare, dalla grandezza dell’immobile (espressa in metri quadri) e dal numero degli occupanti di residenza.

Sono i singoli Comuni che stabiliscono il preciso ammontare dell’imposta. Tuttavia, ci sono dei benefici nel caso di mancato adempimento del servizio di gestione dei rifiuti (fino ad una riduzione massima del 20%), o nel caso di sospensione del servizio per questioni sindacali o per imprevisti organizzativi, o, infine, per effettuazione del servizio in grave violazione della normativa di riferimento.

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Di solito, è il Comune di residenza che spedisce all’indirizzo di casa del proprio cittadino il bollettino precompilato da pagare.

La scadenza della tassa, generalmente, cambia da Comune a Comune. Tuttavia, è quasi sempre suddivisa in 3 rate:

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  • prima rata entro la fine di aprile;
  • seconda rata entro la fine di luglio;
  • saldo entro la fine dell’anno.

Per quanto riguarda la modalità di pagamento, i cittadini ricevono a casa una cartella di pagamento, con la facoltà di rateizzazione. Si può, inoltre, provvedere al pagamento anche tramite il Modello F24.

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