Cingolani tra idrogeno blu e nucleare, in un desolante silenzio sulla crisi ambientale

Vincenzo Izzo via LightRocket via Getty Images

NAPOLI, ITALY – 2021/07/23: Roberto Cingolani Minister of the environment and protection of the territory and the sea of the Italian Republic, during the meeting of the G20 environment ministers which took place in the city of Naples from 22 to 23 July. (Photo by Vincenzo Izzo/LightRocket via Getty Images)

C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi d’antico. Mi ronza in testa il celebre verso di Pascoli mentre, incredulo, seguo le polemiche di fine estate sulla sortita nuclearista del ministro Cingolani. Lungi da me immergermi nella vexata questio dell’energia atomica: la pensavo archiviata in Italia da ben due referendum, l’ultimo di soli dieci anni fa. Il solo fatto che si stia tornando a discutere dell’argomento lo dice lunga sulla considerazione della volontà popolare da parte di chi oggi vede nel nucleare ‘il futuro’.

Questa riesumazione è però rilevante per la sua spregiudicata operazione culturale e per il suo significato politico. Innanzitutto stigmatizza l’ecologismo politico accusandolo di ideologismo radical-chic: argomento classico dei paladini dell’establishment, sempre, in tutte le epoche, con quel mantra che replica la domanda ammazzadubbi: voi volete tornare alle candele? Farebbe sorridere, se la questione non fosse tremendamente seria, assistere al solito, eterno, balletto: i revisionisti di ogni foggia mettono le mani avanti dicendo che ‘serve buonsenso’ e che ‘non bisogna essere ideologici’; provi a far notare che la pensi diversamente e subito, ai loro occhi, diventi estremista. Sono loro quelli mai disponibili a cambiare idea, questa è la verità. Come sempre l’ideologia delle classi dirigenti si presenta come legge di natura, come necessità oggettiva, come scienza. Il pensiero critico sarebbe invece sempre e solo faziosità antiscientifica, deriva demagogica, fumisteria ideologica, insomma oppio per il popolo.

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Purtroppo il primitivismo culturale degli eco-populisti, la disciplina del “no a tutto” (che comunque, bisogna riconoscerlo, esiste) ha offerto non poche ragioni agli ideologi dei poteri forti. Ma ciò che più conta in questa epifania nucleare (“di quarta generazione!”, dicono ebbri di modernismo fine a sé stesso. Peccato che della terza non si è mai nemmeno vista l’ombra) è la profonda riduzione del perimetro della tanto decantata “transizione ecologica”, riducendola a mera transizione energetica. Cingolani oscilla dall’idrogeno blu alla nouvelle vague nucleare, in un desolante silenzio sulla complessità e sulla vastità delle implicazioni della crisi ambientale, a partire dal fatto che l’argomento non è più appannaggio di futurologi, ma è una proiezione catastrofica sul nostro presente. I fuochi estivi hanno bruciato, insieme al celebre pineto dannunziano, un patrimonio boschivo che è non solo bellezza e ossigeno, ma anche protezione per quelle fonti idriche vieppiù preziose in tempi di incombente desertificazione. 

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Con l’autunno arriverà il puntuale rischio di alluvioni: ci sono territori in cui si può morire sia di sete sia affogati. Le montagne sono minacciate dallo spopolamento dei piccoli comuni, che a sua volta significa abbandono dell’agricoltura, che a sua volta significa impoverimento ambientale ed economico. Un circolo vizioso. Il dissesto idro-geologico, l’erosione delle coste, il pesante inquinamento dei fiumi, l’abuso dei pesticidi nelle campagne, la dimensione energivora e i problemi di sicurezza alimentare degli allevamenti industriali. E ancora, la scarsa manutenzione del patrimonio di edilizia pubblica e privata, l’avvio delle bonifiche come cicli di rinascita civile e non come tappabuchi nelle grandi aree dell’inquinamento industriale: dove si fa la discussione su tutto questo? Dove si fanno le scelte? La questione dei trasporti si può davvero ridurre esclusivamente al nuovo mercato delle auto elettriche, o il rilancio del trasporto pubblico e dell’infrastrutturazione ferroviaria è la sfida vera che la politica ha sempre rinviato? Mi fermo qui ma potrei continuare. 

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Penso che le associazioni ambientaliste che con eccessiva generosità si erano affidate alle tonalità verdi del governo Draghi abbiano oggi l’occasione di rilanciare la sfida, possibilmente liberandosi delle torsioni demagogiche e antiscientifiche che hanno spesso dato vita ad un ecologismo caricaturale, che troppo spesso ha generato il risultato opposto a quello auspicato: mantenere saldo lo status quo. Occorre ridare densità politica e culturale a una proposta dal basso di “transizione ecologica”. Magari cominciando a formulare una domanda politicamente scorretta: possibile che i grandi inquinatori di oggi siano gli unici candidati a gestire il business del disinquinamento di domani? Davvero, c’è qualcosa di antico oggi nel sole!

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