Confindustria, 17% genovesi rifiutano lavoro per paga bassa

Confindustria, 17% genovesi rifiutano lavoro per paga bassa

Non si trovano figure richieste: 16 mila posti vacanti nel 2022

(ANSA) – GENOVA, 22 LUG – La retribuzione “inadeguata” è
il primo motivo di rifiuto del posto di lavoro a Genova. Lo
dicono le imprese, 60, che hanno partecipato a un sondaggio di
Confindustria Genova, indicando le motivazioni che hanno
determinato “il rifiuto da parte del candidato dell’offerta di
lavoro o in generale la mancanza di candidati”. Al primo posto,
con il 17%, c’è la retribuzione inadeguata, poi lo “scarso
interesse per la mansione proposta” (15,6%), quindi
l’indisponibilità a orari e turni proposti (13,5%),
l’indisponibilità a spostarsi in altra regione (12,3%).
   
Ancora, il 7,6% non è disponibile ad abbandonare il reddito
di cittadinanza, e un altro 7,6% chiede più tempo in
smart-working. Lo studio analizza più in generale il fenomeno
delle “grandi dimissioni” che si è verificato nel 2021 e le
difficoltà incontrate dalle imprese nel reperire personale, che
riguarda in modo particolare le professioni ad alta
specializzazione. “Non esiste una correlazione tra la crescente
difficoltà delle aziende a reperire personale e le grandi
dimissioni – spiega Giacomo Franceschini, responsabile Ufficio
studi di Confindustria Genova – ma emerge che il rapporto tra
posti vacanti e disoccupazione tratteggia una maggiore
inefficienza del mercato del lavoro, con domanda e offerta che
dialogano in modo complesso.
   
Secondo il dossier, a fronte delle assunzioni previste dalle
aziende genovesi nel primo semestre 2022 (dati Excelsior di
Unioncamere-Arpal) se ne sarebbe concretizzato solo il 68%: cioè
16 mila posti sarebbero rimasti vacanti perché le imprese non
trovano le figure professionali richieste o perché non ci sono
candidati interessati o non ce ne sono di abbastanza competenti.
   
L’altro tema analizzato è il fenomeno del boom di dimissioni
che si è verificato in tutta Italia nel 2021: in Liguria sono
stati 44.134 i contratti di lavoro cessati per dimissioni,
contro i 33.480 del 2020 e i 40.419 del 2019: secondo lo studio
è generato principalmente da un mercato del lavoro più dinamico
che permette di ricollocarsi in condizioni migliori. (ANSA).
   

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