Non ancora chiaro quanto denaro reale o inventato si trovi sotto le macerie. N quanto valore l’ex miliardario e campione di frodi Sam Bankman-Fried abbia sottratto o distrutto con il crollo della sua piattaforma di criptovalute Ftx. Si parla di un buco da dieci miliardi di dollari, con un milione di persone che sarebbero state graziosamente sollevate del loro denaro. Di sicuro lo choc sul mondo delle criptovalute innescato dalla gigantesca frode di Bankman-Fried (traducibile in italiano come: “bancario fritto”) sta portando con s una cascata di collassi e problemi in un settore da sempre basato fu fondamenta fragili.
Negli ultimi giorni la corsa degli investitori al ritiro dei loro attivi dalle piattaforme cripto ha costretto l’intermediario Genesis Trading, che ha originato circa 50 miliardi in prestiti per investimenti in questo mercato, a chiudere ai riscatti. uno scenario equivalente a quello di una banca davanti alla quale si forma una coda di clienti che non si fidano pi e vogliono ritirare i loro depositi, ma l’istituto chiude gli sportelli perch non ha la liquidit per far fronte alle richieste.
Nel frattempo Grayscale Bitcoin Trust, il pi grande fondo di cripto al mondo che controlla il 3,5% dei Bitcoin esistenti, vede il suo valore crollare a minimi prima impensabili. E il Bitcoin stesso ha perso oltre l’80% del suo valore in un anno, al punto che alcuni iniziano a dubitare della sostenibilit dell’intera industria delle criptovalute.
Forse era solo questione di tempo, prima che uno scandalo come quello di Ftx esplodesse. Le prime verifiche del curatore fallimentare alle Bahamas hanno fatto emergere una situazione disastrosa nella gestione dei libri e nell’uso dei fondi dei clienti della piattaforma di intermediazione (Ftx appunto) per finanziare il trading del fondo d’investimento di Bankman-Fried stesso: Alameda Research, che sembra aver perso tutto. In questo sistema opaco i soldi sono scomparsi in una voragine. Il tutto “garantito” da una criptovaluta di creazione dello stesso Bankman-Fried, sostenuto dalla polvere di stelle di testimonial celebri come la top model Gisele Bndchen o la campionessa di tennis Naomi Osaka, innaffiato di vaste donazioni al partito democratico americano e soffuso di retorica filantropica (come da foto sopra di Bankman-Fried). Sam non un miliardario tradizionale, perch crede nel concetto di guadagnare per donare, dice un video su di lui.
In realt copiava in peggio l’Italia dei mini-assegni degli anni ’70. Quelli erano assegni circolari emessi dalle banche per uso come moneta di piccolo taglio, fino a quasi quattrocento modelli di emittenti diversi, dal Banco Ambrosiano alla Banca del Salento. A un certo punto cominci a produrne anche la Rinascente: un grande magazzino come una banca centrale.
In un certo senso l’Italia caotica, inflazionista, anarchica e clientelare degli anni ’70 anticipava di mezzo secolo la febbre delle criptovalute. Ognuno si fa le proprie, da Bitcoin a Ethereum in gi, cos facevano come le pi piccole casse di risparmio allora e anche le casse di risparmio immaginarie che creavano assegni circolari falsi. Cos oggi esistono molte centinaia di criptovalute e valgono quel che noi immaginiamo che valgano: dietro c’ ancora meno dei mini-assegni della Rinascente, che almeno doveva accettarli in pagamento per la sua merce (bench le emissioni circolanti superassero di molto il valore della merce in vendita). Quei bigliettini di carta andavano letteralmente in pezzi dopo qualche mese di caff pagati al bar. E il valore di mercato delle criptovalute nel complesso crollato di oltre il 70% nell’ultimo anno, da 2.800 a meno di 800 miliardi di dollari (dopo essere salito di altrettanto negli undici mesi precedenti).
In fondo un gioco che andava di moda gi nell’Italia corrotta e indebitata dei primissimi anni ’90, alla vigilia della crisi della lira del 1992. L’aeroplano, lo chiamavano: si metteva un milione di lire e si entrava cos in una piramide da cui ciascuno (in teoria) poteva uscire con otto milioni di lire, se solo ciascuno dei partecipanti avesse convinto qualcun altro a entrare a sua volta nel gioco mettendo un milione. Sarebbe bastato che altri sedici fossero entrati dietro di voi, per moltiplicare i vostri soldi e farvi uscire intascando. Era il classico modello piramidale noto negli Stati Uniti come Ponzi scheme. Lo stesso del truffatore Bernie Madoff, che pagava i clienti in uscita dal suo hedge fund con profitti immaginari coperti dal denaro dei clienti in entrata, invece che con la creazione di valore. Finch non pi riuscito a finanziare i riscatti. Come Ftx di questi giorni. Come Enron, fallita nel 2001. Difficile capire la differenza con tutte le criptovalute che, sul piano logico, non sono altro che colossali giochi dell’aeroplano: volano finch c’ qualcuno in entrata disposto a mettere denaro che sostenga il valore percepito della criptomoneta e permetta a qualcun altro di cambiarla in dollari, guadagnandoci in uscita. Non si vede creazione di valore nel percorso. N si vedono istituzioni – uno Stato, un regolatore, una banca centrale – che gli diano autorit e tenuta.
Ovviamente anche con l’aeroplano dei primi anni ‘90 qualcuno pot permettersi vacanze ricche, ma molti si ritrovarono alleggeriti di un milione di lire. Cosa porta un sistema che si percepisce ricco e maturo alla produzione anarchica e decentrata di moneta che in realt non altro che un insieme di brandelli di carta o di bit digitali privi di valore intrinseco se non, provvisoriamente, nella psiche di chi li maneggia? E cosa porta la media borghesia italiana di inizio anni ‘90 a dilettarsi nelle stesse attivit dei maggiori criminali finanziari di Wall Street?
La risposta nelle date: il disordine dei prezzi e della lira degli anni ’70, quando la Banca d’Italia rispose tardi e male agli choc inflazionistici dell’epoca; e lo stato di euforia da apice della bolla del debito dell’Italia alla fine della prima repubblica, alla vigilia della grande crisi valutaria del ’92 quando sfiorammo il default sovrano. Quei comportamenti – i miniassegni, il gioco dell’aeroplano – erano segnali che c’era qualcosa di fondo che non andava nel rapporto fra la societ e la moneta. Troppa inflazione negli anni ’70. Troppa facilit e incertezza sul valore intrinseco del denaro nei primissimi anni ‘90, tipica sensazione alla vigilia dello scoppio di una bolla.
Il problema che queste stesse relazioni ingannevoli oggi le vediamo, qua e l, nel sistema finanziario internazionale. L’improbabile Sam Bankman-Fried e il suo fallimento ne sono solo il sintomo. Una delle cause senz’altro nell’intensit straordinaria della creazione di denaro da parte delle maggiori banche centrali del mondo – Federal Reserve, Banca centrale europea, Banca del Giappone, Banca del popolo della Cina – per rispondere ai grandi choc di questi anni: dalla crisi finanziaria al Covid. I loro bilanci in aggregato sono cresciuti da meno di 10 mila miliardi di dollari alla vigilia della crisi finanziaria del 2008 a 32 mila miliardi di dollari in piena pandemia. Solo durante il Covid sono cresciuti di oltre diecimila miliardi di dollari. Questa moneta abbondantissima e gratuita, quando le banche centrali addirittura non vi pagavano con i “tassi negativi” per accettarla, ha sostenuto il valore di pressoch tutte le attivit finanziarie. Dalle cripto, al debito pi debole, alle Borse. Per tutte valga che il valore di mercato di tutte le societ quotate negli Stati Uniti alla fine dell’anno scorso arrivato al picco del 199% del prodotto lordo americano, quando era stato sempre sotto il 100% fino ai tardi anni ’90 e quasi sempre sotto il 150% da allora.
Nel frattempo quel rapporto gi sceso al 139%. Sappiamo tutti infatti che molte ragioni – inclusi gli stessi acquisti illimitati di debito americano da parte della Fed – hanno portato inflazione. E l’inflazione ha portato una prima sterzata delle banche centrali, che ora alzano precipitosamente i tassi e ritirano parte della moneta in circolazione. Per ora non hanno disfatto neanche met della muraglia di denaro liquido costruita con la pandemia. Le quattro grandi banche centrali hanno ritirano circa 4.000 miliardi di dollari, riducendo i loro bilanci in aggregato da 32 mila a 28 mila miliardi.
Ma gli effetti gi si vedono. Il crollo delle crypto che ha messo a nudo frodi come quella di Bankman-Fried sono un esempio. In fondo anche i problemi delle Big Tech ne sono un altro. Il valore di mercato aggregato di Alphabet (Google), Amazon, Apple, Meta (Facebook), Microsoft e Netflix calato di circa 3.000 miliardi dal marzo scorso. Gli 11.000 licenziamenti annunciati da Marc Zuckerberg a Meta, i diecimila licenziamenti annunciati da Jeff Bezos a Amazon o il dimezzamento della forza lavoro imposto da Elon Musk a Twitter forse non sono il segno di modelli di business che non funzionano in s. Piuttosto tutte queste aziende avevano fino a poco tempo fa valutazioni assolutamente irrealistiche: le sei maggiori Big Tech americane avevano in aggregato valutazioni di mercato di quasi 40 volte gli utili attesi (quando un rapporto “sano” non supera le 14 volte). Dunque l’alternativa era chiara: o i grandi gruppi tecnologici fossero riusciti ad aumentare i loro utili gi altissimi, o i prezzi dei loro titoli sarebbero scesi. E loro avrebbero dovuto ridurre i costi – licenziando in massa i dipendenti – per sostenere il valore delle proprie azioni.
Un altro sintomo dello sgonfiamento della grande bolla globale lo si visto nellacrisi dei fondi pensione britannici del mese scorso. Al crollo dei titoli di Stato di Londra dalle loro valutazioni drogate, non erano pi in grado di versare le somme vincolate per i pensionati. La Bank of England dovuta intervenire. Ma quest’ultimo episodio porta a chiedersi quali siano gli altri angoli della finanza globale nei quali possono venire alla luce scheletri negli armadi e strappi nella rete. Personalmente guardo ai fondi pensione olandesi. Hanno lo stesso schema di quelli inglesi, con investimenti dalle fortune variabili per versare pensioni di ammontare predefinito. Hanno bilanci pari a una volta e mezza l’economia olandese, dunque il loro governo non li pu salvare in caso di crisi. E sono investiti anche in immobili, il cui prezzo in Olanda previsto da Oxford Economics in calo di oltre il 15% nel prossimo anno e mezzo.
Proprio il calo atteso di prezzo delle case nei Paesi ricchi – con ci che implica per le banche – rischia di segnare le prossime tappe dello sgonfiamento di questa grande bolla assecondata dalle banche centrali.
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