Draghi bis, governo senza M5S o voto: le posizioni dei partiti e le pressioni dei sindaci (e non solo)

Draghi bis, governo senza M5S o voto: le posizioni dei partiti e le pressioni dei sindaci (e non solo)

Un coro di “bis”. Dai partiti (Pd e centristi in testa) a oltre mille sindaci, dalle cancellerie internazionali alle categorie economiche. Fino al Vaticano. Sono le voci di chi chiede al premier Mario Draghi di restare a Palazzo Chigi anche dopo mercoledì, quando il premier si presenterà alle Camere per «rendere comunicazioni». Una pletora di tessitori, in pressing da giorni sul capo del governo. Forte – sostengono – di un voto di fiducia in Senato che comunque gli assicura un’ampia maggioranza, anche senza il Movimento 5 stelle

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I pro Draghi-bis

Alla testa di chi preme per il Draghi dopo Draghi si schierano il Partito democratico di Enrico Letta e le varie formazioni centriste. Da Azione di Carlo Calenda fino a Italia viva di Matteo Renzi, artefice di una petizione online per spingere il premier a non ripresentare le dimissioni al Capo dello Stato (in pochi giorni le firme sono già schizzate a quota 70 mila). Ma se centrosinistra e terzo polo sono compatti nell’insistere affinché l’ex capo della Bce resti al timone del governo, non si registra la stessa unità su quella che dovrebbe essere la compagine della maggioranza. Che per Letta e i maggiorenti del Pd non può prescindere dai Cinquestelle: «Le ipotesi diverse da un governo con dentro M5S non mi paiono percorribili», ha sentenziato ieri il ministro del lavoro Andrea Orlando. 

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IL CENTRODESTRA
Non così per i centristi, secondo i quali «si può andare avanti anche senza il Movimento». Ancor più netta la linea del centrodestra di governo, con Lega e Forza Italia compatte nel chiedere a Draghi di restare alla guida dell’esecutivo. A patto, ripetono Silvio Berlusconi e Matteo Salvini (oggi riuniti in un vertice a Villa Certosa proprio per discutere delle mosse in vista di mercoledì) che i Cinquestelle non siano più della partita. «Si sono dimostrati inaffidabili», la posizione di leghisti e azzurri: «Altrimenti, al voto»

PER LE URNE
Preme per il ritorno alle urne senza se e senza ma Giorgia Meloni, l’unico tra i grandi partiti all’opposizione dell’esecutivo Draghi fin dalla sua nascita. «E’ il momento di ridare la parola agli italiani», ripete la leader di Fratelli d’Italia. Che oggi ha criticato i circa mille sindaci firmatari dell’appello pro Draghi: «Mi chiedo se tutti i cittadini rappresentati da Gualtieri, Sala, Nardella o da altri primi cittadini e presidenti di Regione che si sono espressi in questo senso, condividano l’appello perché un governo e un Parlamento distanti ormai anni luce dall’Italia reale vadano avanti imperterriti, condannando questa Nazione all’immobilismo solo per garantire lo stipendio dei parlamentari e la sinistra al governo», attacca Meloni. A cui ribatte Dario Nardella, tra i promotori della lettera aperta al premier: «Mi dispiace che Meloni non noti che tra i firmatari ci sono moltissimi esponenti di centrodestra», osserva il sindaco di Firenze. 

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IL MOVIMENTO 5STELLE
Draghi sì o Draghi no? Se lo chiede il Movimento 5 Stelle, da giorni avvitato in una discussione interna di cui si fatica a tenere le fila e a intravedere una conclusione. Il movimento di Giuseppe Conte, ancora una volta, è spaccato. Diviso tra chi vorrebbe uscire dalla maggioranza e ritirare i ministri prima di mercoledì (è la posizione di Paola Taverna, e dei “falchi” Riccardo Ricciardi, Mario Turco e Michele Gubitosa), e chi invece minaccia di andarsene se non si voterà la fiducia al premier (alla Camera ci sarebbero almeno una trentina di deputati pronti all’addio). E’ il fronte capeggiato dai ministri Federico D’Incà e Fabiana Dadone, dalla viceministra Alessandra Todde e dalla fronda di deputati guidata dal capogruppo Davide Crippa. Nel Movimento c’è poi una terza posizione, quella dei dialoganti: sì a Draghi ma solo se arriveranno risposte sui 9 punti del documento che Conte gli ha sottoposto (difesa del reddito di cittadinanza, superbonus, salario minimo eccetera). E’ la posizione che ha prevalso ieri sera, dopo un’infinita giornata di mediazioni. Ma non sono in molti a scommettere che sarà la stessa di mercoledì. 

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