È “guerra civile” tra i Cinque stelle sugli armamenti da inviare a Kiev

È “guerra civile” tra i Cinque stelle sugli armamenti da inviare a Kiev

I contiani preparano l’offensiva finale contro Di Maio e Draghi. La trappola per far cascare il governo e liberarsi del ministro degli Esteri è nascosta nella risoluzione che i senatori grillini stanno scrivendo in vista del 21 giugno, quando il presidente del Consiglio Mario Draghi interverrà a Palazzo Madama e alla Camera, prima del vertice europeo sull’Ucraina del 23 e 24 giugno.

Da ieri circola una bozza del documento grillino, che basta per far esplodere la «guerra civile» in maggioranza e nel Movimento. Una mossa della coppia Casalino-Conte per mettere spalle al muro Di Maio e costringerlo allo strappo? Per la prima volta i Cinque stelle, partito di maggioranza relativa, mettono nero su bianco il no a un nuovo invio (il quarto) a Kiev: «Si impegna il governo a non procedere, stante l’attuale quadro bellico in atto, a ulteriori invii di armamenti che metterebbero a serio rischio una de-escalation del conflitto pregiudicandone una soluzione diplomatica».

Nella bozza della risoluzione, che sarà messa ai voti in Senato, i senatori 5s chiedono di insistere sull’azione diplomatica dopo tre invii di armi. La bozza scatena un terremoto politico. Il ministro degli Esteri Di Maio avverte: «Ho letto che c’è una parte dei senatori M5s che avrebbero proposto una bozza di testo della risoluzione che di fatto ci disallinea dall’alleanza Nato e dall’Ue. La Nato è un’alleanza difensiva e se ci disallineiamo dalla Nato mettiamo a repentaglio la sicurezza dell’Italia, non ce lo possiamo permettere». Per Di Maio «il presidente del Consiglio che deve andare a un tavolo europeo così importante deve avere il Paese dalla sua parte, deve avere la coalizione di maggioranza compatta dalla sua parte e aggiungerei anche l’opposizione».

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L’ex capo dei Cinque stelle è certo: «Non possiamo fare cose che possono essere utilizzate dalla propaganda russa per dire che l’Italia sta più con la Russia che con la Nato. Ci sono molti parlamentari che non sono d’accordo con questa linea e io credo da ministro degli Esteri di dover difendere la collocazione geopolitica del nostro Paese».

E infatti l’ambasciatore russo a Roma Sergey Razov si infila nella polemica: «Non tutti in Italia d’accordo su invio armi a Kiev» gongola il diplomatico.

Al ministro degli Esteri, replica la contiana Alessandra Todde, viceministro allo Sviluppo economico: «Se stiamo per cacciare Di Maio? Parlando in una certa modalità credo si stia ponendo fuori dal movimento. Abbiamo organi interni in cui dibattere, il consiglio nazionale». I dimaiani affilano le armi. Laura Castelli, viceministro all’Economia, avvisa i colleghi di partito: «Non voto la risoluzione». Il capogruppo al Senato, Mariolina Castellone (vicina a Di Maio) prova a gettare acqua sul fuoco: «Stiamo lavorando a una risoluzione di maggioranza, sono in corso riunioni tra capigruppo, presidenti delle commissioni Politiche Ue di Camera e Senato con il sottosegretario Amendola sulla risoluzione di maggioranza. Il punto Ucraina sarà inserito lunedì. Ma non è quella la risoluzione a cui stiamo lavorando».

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L’uscita dei senatori grillini, però, irrita anche il Pd. «Tutte le forze di maggioranza stanno lavorando per una risoluzione, in vista delle comunicazioni del Presidente Draghi, che abbia come principale obiettivo la costruzione di un percorso condiviso per il raggiungimento, attraverso lo sviluppo dell’azione diplomatica, del cessate il fuoco e del rilancio dei negoziati. Per questo qualsiasi fuga in avanti o iniziative parziali rischiano di complicare il lavoro» recita una nota fatta circolare da fonti Pd. La guerra civile durerà altre 48 ore. Poi si andrà in Aula.

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