“È Letta il vero colpevole di questa paralisi: sua la pistola fumante che ha colpito il premier”

“È Letta il vero colpevole di questa paralisi: sua la pistola fumante che ha colpito il premier”

Fabio Rampelli, vicepresidente della Camera, è uno dei massimi dirigenti di Fdi e il suo cuore batte per le urne. Che si aspetta dalla giornata di oggi? «Le pressioni organizzate da ambienti di ogni genere, con le piazze però disertate dai cittadini, lasciano prevedere un Draghi bis. Ma la speranza è che ci sia un sussulto e l’Italia possa tornare una nazione normale dove siano i cittadini a decidere da chi essere governati. Capi di governo esterni al Parlamento sono diventati una regola pericolosa».

La partita comincia in Senato, anche se la sinistra ha tentato l’espediente della Camera…
«Non mi stupisco che cerchi sempre di imbrogliare le carte. Nel 2018 ha perso le elezioni, è stata all’opposizione pochi mesi. Sono il PDP più che il PD: il Partito del Potere».

Alcuni sondaggi vi danno primo partito col 25%. Lei ci crede?
«Penso che nel 2023 avremo oltre il 25% dei consensi, si percepisce nell’aria che più di una persona su quattro vuole che governi Giorgia Meloni, ha fiducia nella nostra preparazione culturale e amministrativa».

Secondo lei la crescita dei consensi arriva dagli indecisi o dal bacino degli alleati?
«Giorgia Meloni oggi traina la coalizione, come è stato in passato per Berlusconi e Salvini. È interesse comune che continui a salire e almeno la metà dei consensi li recuperiamo tra indecisi e avversari, 5 stelle per primi. Rappresentiamo un’alternativa credibile al vecchio sistema, mentre Grillo è stato solo una bolla d’irriverenza. Quegli elettori stanno venendo da noi».

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Con questo sistema elettorale il centrodestra vincerebbe e governerebbe da solo. Continuereste con il programma di riforme strutturali avviate da Draghi?
«Di riforme strutturali non ne ha fatte, quando ci ha provato ha avuto il fuoco di fila dei partiti che lo sostengono e ha tirato fuori topolini dalle montagne. Per fare riforme vere occorre una stessa idea della società».

Quali altri temi, una volta al governo, vi urge toccare?
«Nei decenni si sono stratificate sacche di classi dirigenti filotedesche, filofrancesi, filosovietiche e poi filorusse, filoamericane, filocinesi, filoarabe… Noi vogliamo essere solo filoitaliani. Difendere l’interesse nazionale oggi è la priorità per non perire ed essere conquistati. Offrire lavoro ai disoccupati con i soldi del reddito di cittadinanza, intervenire sul cuneo fiscale e abbassare le tasse, rilanciare la produzione per creare ricchezza, regolarizzare i flussi migratori sono altre urgenze».

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Qualcuno però vorrebbe cambiare la legge elettorale. Con il proporzionale che succederebbe?
«Un disastro. Ricordo che gli italiani con un referendum plebiscitario approvarono il sistema maggioritario proposto da Mattarella perché volevano scegliere partito, coalizione, programma, capo del governo e stabilità, attraverso il premio di maggioranza. Il proporzionale sarebbe una pugnalata per gli italiani, togliergli il diritto di decidere da chi essere governati e affermare la strategia del pareggio permanente».

Tutti si stanno scagliando contro Conte. Lei però ce l’ha particolarmente con Letta. Perché?
«È sua la pistola fumante da cui è partito il colpo verso Draghi, per errore ma è partito. Letta è stato un pistolero sgangherato che ha improvvidamente politicizzato una coalizione di governo che invece poteva solo occuparsi di pandemia, Pnrr e, poi, dell’invasione dell’Ucraina. Ha iniziato con il Ddl Zan, poi la cittadinanza facile agli immigrati, quindi la legalizzazione della droga, infine l’inceneritore di Roma. Cercava guai e li ha trovati.».

Meloni oggi ipotizza un governo di centrodestra con molti tecnici. Che vuol dire?
«Abbiamo sempre ritenuto che i tecnici siano importanti, purché non siano tecnocrati che vogliono comandare. I politici hanno la visione della società da costruire, i valori su cui fondare lo Stato e sono insostituibili, i tecnici devono seguire le linee e attuarle».

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