Elezioni 2022, Bologna e quel puntino rosso nella mappa: il villaggio di Asterix

Elezioni 2022, Bologna e quel puntino rosso nella mappa: il villaggio di Asterix

La mappa sui collegi uninominali pubblicata dall’Istituto Cattaneo
La mappa sui collegi uninominali pubblicata dall’Istituto Cattaneo

Quando nei giorni scorsi l’istituto Cattaneo diretto da Salvatore Vassallo ha diffuso le mappe del possibile esito elettorale nei collegi uninominali (i risultati vengono calcolati tenendo conto dei sondaggi e della distribuzione territoriale dei consensi alle Europee 2019) l’Italia si è colorata di azzurro e di blu e solo in piccola parte di rosa o di rosso. La previsione dell’istituto è infatti che ai blocchi di partenza la stragrande maggioranza dei collegi uninominali (un terzo di quelli disponibili, il resto viene assegnato con il proporzionale) vada alla coalizione Meloni-Salvini-Berlusconi mentre il centrosinistra se la giocherà nelle roccaforti di Emilia e Toscana e nelle città. Ma se proprio vogliamo essere precisi c’è un solo punto rosso sulla cartina dell’Italia ed è Bologna città: lì vincerà sicuramente il centrosinistra. I sondaggisti e gli analisti non hanno dubbi: a Bologna può essere candidato anche un marziano e il centrosinistra vince comunque. Con una battuta fulminante il profilo Twitter deLa Prima Repubblica(contenitore ironico e dissacrante della politica italiana) ha definito Bologna, con allegata cartina, il villaggio di Asterix. Naturalmente, anche se il paragone è molto divertente, Bologna non è un villaggio immaginario sperduto nella bellissima Bretagna ma una delle città più dinamiche del Paese e le ragioni per cui qui il centrosinistra è forte affondano le radici nella storia di queste terre, anche se nel mezzo c’è stato il terremoto del ‘99 con la vittoria del centrodestra.

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Proprio qui bisognerebbe innovare

Ma non è questo il punto. C’è una vecchia storia nella sinistra italiana che dice più o meno questo: quando i dirigenti emiliani venivano chiamati a Roma venivano lasciati lontani dalla direzione politica del partito e relegati all’organizzazione perché non erano abituati alla competizione politica nelle loro terre, non erano abituati al fatto che le elezioni si possono anche perdere. E dunque non erano adatti a guidare il partito. È una critica ingiusta naturalmente perché questa terra ha avuto fior di dirigenti ma è una critica che può contenere un briciolo di verità. O per dirla meglio, il discorso può essere rovesciato: dove, se non nel villaggio di Asterix dove il centrosinistra vince comunque si può provare a scommettere su qualcosa di nuovo o semplicemente si può provare ad innovare? I profili delle candidature emerse in queste settimane, tra conferme e new entry, sono tutti dignitosi, però si potrebbe anche provare ad osare un po’ di più, a dare qualche segnale a chi non si sente oggi rappresentato dai dem.

Il Pd, partito «salvagente» delle istituzioni ma che non scalda i cuori

Il Partito democratico, almeno dal 2011 in poi, è diventato la safety car delle istituzioni italiane, ha partecipato ai due governi di larghe intese nati per sistemare i danni fatti dai governi che li avevano preceduti, si è ritagliato il ruolo di partito del sistema, ha cercato di affrontare (spesso senza riuscirci) la questione sociale senza scassare i bilanci, viene votato nelle città, da quel che rimane della borghesia, viene concepito come il partito del buonsenso, quello che difende l’Euro, la Ue, perfino la Nato contro la destra (e questo è un paradosso recente) ma è chiaro che per una larga fetta dell’elettorato, soprattutto quello più giovane alle prese con le crisi perenni e sistemiche (pandemica, climatica, energetica, economica) e con la certezza assoluta di avere carte peggiori da giocare rispetto a quelle dei genitori per la prima volta dal Dopoguerra, è un partito che non scalda i cuori e non accende le speranze. E questo solo per usare un eufemismo.

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Kit per la speranza cercasi

I dem devono provare a portare a casa i tanti voti in uscita dall’area moderata ma devono anche tentare una connessione sentimentale con le nuove generazioni che chiedono un nuovo kit per la speranza. Una figura come quella di Elly Schlein che dovrà lasciare la Regione costringendo Bonaccini al rimpasto può andare in questa direzione ma uno sforzo di fantasia ulteriore potrebbe essere portato avanti in queste settimane. Anche perché con candidature che rispondano anche a queste istanze si potrà essere più forti quando negli ultimi giorni di preparazione delle liste, come è già probabile prevedere, Roma verrà a bussare in Emilia per piazzare qualche big dei partiti e partitini alleati in cerca di un approdo sicuro. Nel 2010 a vedere Beppe Grillo che si faceva trasportare con un gommone in piazza Maggiore dopo avere promesso la sua rivoluzione c’erano tanti giovani: molti ridevano ed erano pieni di speranza. Il paradosso è che il Movimento che pure ha portato a casa alcune battaglie storiche come la riduzione del numero dei parlamentari e il reddito di cittadinanza è imploso e da queste parti non esiste più. Dopo i disastri di Roma e lo spettacolo offerto in Parlamento molti di quei giovani in piazza hanno perso le speranze e non ridono più e anche a loro deve parlare il villaggio di Asterix. Difficile trovare «gli occhi di tigre» da qui al 25 settembre, fa troppo caldo. Ma un po’ di fantasia e qualche idea nuova sulle candidature è un obiettivo alla portata per il villaggio di Asterix.

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29 luglio 2022 (modifica il 29 luglio 2022 | 08:20)

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