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“Quando The Attaché ha debuttato in Israele, ho lasciato il Paese. Non ce la facevo a rivivere tutto di nuovo”. Quando l’arte imita la vita, si sa, c’è il rischio di restare intrappolati. Lo ha scoperto a sue spese Eli Ben-David, autore e regista israeliano e per la prima volta protagonista di una sua creatura, The Attaché, al debutto il 14 marzo sulla piattaforma streaming Starzplay.
Nel corso della sua lunga intervista a Tvserial.it, Ben-David non nasconde la stanchezza fisiologica nel raccontare The Attaché. Questa storia, del resto, è da più di cinque anni che lo tormenta. È l’eterno ritorno: non possiamo mai davvero scampare a noi stessi.
“La serie attinge dalla mia vicenda personale. Da giovane ero il batterista di una band come Avshalom” spiega Eli Ben-David. Tutto cambia quando sua moglie, nata e cresciuta in Francia, riceve una proposta di lavoro: diventare addetta diplomatica israeliana a Parigi.
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Questo significa lasciare Tel Aviv: “Sarei diventato l’addetto dell’addetta” riassume Ben-David nel definire il proprio senso di smarrimento. “Non volevo ostacolare i suoi sogni” ricorda l’autore, che si ritrovò a trasferirsi nella capitale francese verso la fine del 2015, quando l’Europa si riscopriva meno sicura, più nazionalista e più arrabbiata.
Nella serie, il trasloco di Avshalom e Annabella (Héloïse Godet) avviene il 13 novembre, quando lo Stato Islamico colpì lo Stade de France e il teatro Bataclan con una serie di attacchi terroristici. Tutto stava iniziando a cambiare in peggio.
Eppure la sua emittente israeliana, che aveva trasmesso le sue serie ottenendo grande riscontro di pubblico, premeva perché Ben-David si mettesse al lavoro sul suo prossimo progetto.
Dissi loro “Ragazzi, Mi sono appena trasferito. Ho bisogno di superare l’ostacolo della lingua. Devo dedicarmi ai miei figli e a mia moglie, che è fuori tutte le sere tra eventi di gala e red carpet. Non penso di avere la testa per pensare al mio prossimo progetto”.
Sai cosa mi dissero? “Questo è il tuo nuovo progetto”
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Fu in quel momento che Eli Ben-David capì che sarebbe dovuto essere anche protagonista di questa serie. “Alcuni dei miei progetti passati erano satira politica, ma stavolta era giunta l’ora di giudicare e criticare me stesso” rammenta l’autore.
Scrivere la serie, dice Ben-David, fu terapeutico: lo ha aiutato ad esorcizzare le complessità della situazione che si era creata con la moglie e la famiglia. “Mentre la giravo, è stato come se tutto riaffiorasse di nuovo, come se avessi messo uno specchio su tutto ciò che avevo vissuto” aggiunge l’autore.
La realtà, tuttavia, non corrisponde alla percezione che noi abbiamo di essa.
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“Ciò che descrivo nella serie non è ciò che è successo. È ciò che è successo nella mia mente, nella Parigi che ho visto attraverso i miei occhi” si difende Eli Ben-David, consapevole che la maggior parte delle critiche rivoltegli dal pubblico francese solleva perplessità sulla ricostruzione degli eventi di The Attaché. Sarà per questo che la serie non è mai stata inclusa ad alcuna rassegna in Francia? Chissà.
Ori Elon, il creatore e autore di Shtisel, la popolare serie su una famiglia di ebrei ortodossi disponibile su Netflix, ha fornito ad Eli Ben-David la chiave di volta per questa serie. “[Ori] è mio fratello ed è il mio script editor, possiamo dire il mio creatore, è sempre così. Lui è ebreo ortodosso, sta studiando la Gemara” dice Ben-David, che è stato introdotto a numerosi insegnamenti dalla Bibbia.
Uno, in particolare, cambiò il suo modo di raccontare la sua storia. “Più cose vorrai conoscere al di fuori di te, più dovrai scavare dentro di te” aggiunge Ben-David, che chiarisce: “Alla fine è un lungo monologo che raccontiamo a noi stessi”.
Tra soggettività e oggettività, una cosa Eli Ben-David sente di poter darla per assodata. “Essere il protagonista di una mia serie è stato sconvolgente. Non lo farò mai più!” assicura, prima di scoppiare a ridere.
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In apertura di post il video integrale con il racconto di Eli Ben-David riguardo all’esperienza di The Attaché, in streaming dal 14 marzo su Starzplay.
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