Finisce la mesta parabola della P38 Gang, che inneggiava alle BR

Finisce la mesta parabola della P38 Gang, che inneggiava alle BR

Non esistono più i filoterroristi di una volta. La P38 Gang, fino a due mesi fa misconosciuto collettivo sovversivo-musicale che inneggiava alle Brigate Rosse, inopinatamente si scioglie, travolta da polemiche e indagini della Digos. È una grave perdita per il panorama culturale, con brani, chiamiamoli così, che esaltavano la lotta armata, la Renault tomba di Moro, Stalin piccolo padre ed altre faccende del secolo scorso. E adesso i componenti, Papà Dimitri, Yung (sic!) Stalin, Jimmy Penthotal e Astore, frignano: non ci fanno esprimere, ce l’hanno con noi, “ci togliamo il passamontagna per tornare in mezzo a voi come persone, come amici, come compagni”. Quanto a dire che neppure loro si considerano persone. Ecco, bravi, levatevi il passamontagna, che fa caldo. Peraltro, se la sono cavata con poco, gusto una ramanzina in Questura, su ragazzi, fate i bravi, che non è cosa. Ad altre latitudini, in qualsiasi altro Paese, sarebbe andata molto, ma molto peggio; qui, si sa, siamo in Italia dove comanda il diritto mammifero delle mamme coraggio: lasciateli stare, sono figli nostri, sono bravi, inneggiano alle pistolettate, ma ad acqua. Chissà come faranno al Tunnel di Reggio Emilia, circolo Arci che li aveva invitati lo scorso primo maggio, ribadendo la scelta e scagliandosi contro “i fascisti”, cioè tutti quelli che non apprezzavano Papà Dimitri. Cioè tutti in assoluto.
Ma la Digos e il regime c’entrano fino a un certo punto, la questione è che il sodalizio politico-rappettaro non faceva niente, non guadagnava un centesimo: le BR non tirano più, a parte i soliti quattro alienati dei centri sociali nessuno era al corrente dell’esistenza di questa combriccola di squinternati e neppure la raccolta fondi per pagargli le spese legali ha combinato granché: i compagni, si sa, sono bravi a levare il pugno, a fare pugnette verbali, ma se c’è da scucire i ghelli, si danno tutti alla latitanza. Più bravi a mungere che a restituire, preferibilmente dalla mammella dell’odiato stato borghese e capitalista. Fannullismo senza limitismo, poi al sabato tutti a sentire la P38 Gang. Tutti, si fa per ridere. Poi anche i rarissimi scatinati che li chiamavano si son tirati indietro: di norma, sono posti dove è meglio non ficcare il naso, sempre un po’ al limite della correttezza, mettiamola così: che piombi la Finanza o la Polizia, anche no, se la vedessero Penthotal e Yung Stalin.
Segno dei tempi: i brigatisti e chi li fiancheggiava non riconoscevano la giustizia borghese, questi, appena lambiti dalla giustizia borghese, non riconoscono loro stessi. Tanto facevano i rivoluzionari, tanto si sono rinnegati al primo stormir di fronde, tipo la spia di Trinità: “Emiliano non tradisce, gringo; Emiliano dice tutto, Gringo!”. Come al solito, non è una cosa seria, neppure nel male. Quattro coglionazzi che non sanno, alla lettera, di cosa rappano (rappano?), non hanno una pallida idea di cosa furono quelle stagioni: mettono in scena il gioco della ferocia, finché tira, ma sono dei mottarelli, quando il gioco si fa duro, i molli si mettono a squagliare. Meglio così.
Lasciamo pur perdere l’analisi artistica, che qui non se ne scorge traccia; in senso puramente sociologico, basterà dire che tali poveretti in bragoni e passamontagna hanno sbagliato i tempi, così come li avevano cannati i loro idoli negli anni ’70: i brigatisti non si accorsero che la vagheggiata dittatura del proletariato era già svuotata, vanificata dalla robotizzazione che metteva fuori gioco la classe operaia; questi, essendo intellettualmente dei celenterati, non potevano rendersi conto che osannare il brigatismo nel 2022 era roba neanche da reduci, o da rottami, ma proprio da manicomio. Se si pensa che perfino Eugenio Finardi, non certo uno di destra, già nel 1981 ironizzava, ferocemente, contro “il chitarrista di banda armata”. Tempi che cambiano, ma chi vive fuori dal tempo, e dalla propria testa, non lo sa.
A questo punto, tolto il passamontagna, vedrete che i vari Dimitri e Penthotal si ricicleranno in qualche X Factor capitalista a baciar la pantofola di Fedez, scarso come artista, ottimo come furbacchione, con un repertorio nuovo di trinca ispirato non più agli anni di piombo ma agli anni dell’edonismo; anche questo nel più puro spirito trasformista dei comunisti, pre, post e di tutti i tempi. Del resto, il brigatismo franò sotto l’ondata di pentimenti, dissociazioni, cantate varie, spiate, tradimenti, uno spettacolo inverecondo che il generale Dalla Chiesa, da militare ma anche da fine psicologo, aveva saputo provocare e sfruttare a dovere. Con risultati definitivi. Questa P38 Gang ha fatto di meglio, si è sciolta come una medusa al sole prima ancora di pentirsi: P38, come i giorni che sono vissuti, nella sconoscenza generale. Che fine ingloriosa, che epilogo mesto. Papà Dimitri, ti sei pisciato sotto e ne hai fatti 5 litri.

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