L’emergenza climatica preoccupa sempre di più le persone, che si dichiarano sempre più disposte ad apportare modifiche al loro stile di vita pur di evitare il peggio: è quanto emerge da un sondaggio internazionale condotto a febbraio dallo statunitense Pew Research Center, i cui risultati sono stati pubblicati ieri.
Il sondaggio è stato condotto in 17 diversi Paesi industrializzati in tutto il mondo, tra Nord America, Europa e Asia. Escluse le economie in via di sviluppo e la Cina. Gli intervistati erano tenuti a indicare, tra quattro livelli (“per niente”, “poco”, “un po’” e “molto”) a disposizione, quanto si riconoscevano nelle frasi del questionario. I risultati sono piuttosto chiari: la stragrande maggioranza degli intervistati in quasi tutti i Paesi ritiene che sarà in qualche modo danneggiata personalmente dal cambiamento climatico. Svezia e Paesi Bassi risultano quelli più scettici, mentre la Corea del Sud è la più convinta. L’Italia non si piazza lontano dalla Corea, con un 20% di scettici contro l’11%.
Suddividendo di più i dati, emerge che la preoccupazione si concentra di più tra i giovani, in particolare quelli tra i 18 e i 29 anni. Anche qui, ci sono differenze notevoli tra un Paese e l’altro – il divario per esempio è più alto in Svezia e Nuova Zelanda, e quasi nullo nel Regno Unito. In media, comunque, le donne tendono a preoccuparsi più degli uomini, e chi ha tendenze politiche verso la sinistra più di quelli di destra (con gli Stati Uniti il Paese più polarizzato). Rispetto agli anni precedenti, nei Paesi in cui i dati erano disponibili, si osserva un generale incremento della preoccupazione.
Di pari passo si registra una predisposizione della maggioranza delle persone ad apportare cambiamenti significativi al proprio stile di vita per contribuire a ridurre le emissioni di anidride carbonica e altri gas inquinanti. Da questo punto di vista è proprio l’Italia la più predisposta, con ben il 93% dei consensi, mentre i Paesi Bassi sono all’altro estremo dello spettro in Europa (ma sempre in grande maggioranza, con il 69%). A livello “mondiale” (quantomeno considerando i mercati interessati dal sondaggio), il Giappone si è dimostrato il meno ricettivo, con il 55%. Interessante anche osservare che lo spirito di adattamento va a braccetto con l’istruzione: coloro che hanno studiato meno si dimostrano meno propensi rispetto agli altri.
Il sondaggio ha poi chiesto agli intervistati quale Paese si sta comportando meglio per combattere l’emergenza. Gli intervistati potevano rispondere liberamente a prescindere dalla loro nazionalità. In generale l’Unione Europea è stata la più lodata, mentre il 61% ha valutato negativamente gli USA, e solo il 18% ha espresso pareri positivi nei confronti della Cina.
Riguardo alle convinzioni sulla nostra capacità collettiva di risolvere il problema l’ottimismo non prevale. In generale sono più gli intervistati convinti che non saremo in grado di fare abbastanza per prevenire il cambiamento climatico. Scarsa convinzione anche in merito alle potenziali opportunità economiche della lotta all’inquinamento: le opinioni sono divise praticamente a metà tra chi ritiene che potrà portare crescita economica e chi invece pensa che ci rimetteremo. C’è un minimo di vantaggio per gli ottimisti, ma è molto risicato.
In ultimo, è opportuno precisare che questo sondaggio è stato compiuto a febbraio 2021, e che è possibile che lo scetticismo sul clima si sia ulteriormente ridotto in questi mesi, che dal punto di vista degli eventi meteorologici estremi, una delle conseguenze più riconosciute dell’innalzamento delle temperature globali, è stata molto intensa – pensiamo per esempio al formidabile uragano Ida, il più potente mai registrato negli USA, o all’estate ricca di violenti temporali, allagamenti e grandinate in Italia.
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