Gli stranieri sono destinati a diventare sempre più italiani, con o senza Ius scholae

Gli stranieri sono destinati a diventare sempre più italiani, con o senza Ius scholae

Solo nel 2020 i nati in Italia da entrambi i genitori stranieri sono stati 59.792, ovvero il 14,8% dei 404.892 bambini venuti al mondo nell’anno della pandemia. Sono individui che in grandissima parte rimarranno nel nostro Paese nel corso della propria vita, che considereranno l’Italia la propria terra, anche se saranno costretti ad attendere i 18 anni per diventare cittadini. Questo numero si aggiunge ai 5 milioni di immigrati regolari presenti nel Belpaese, e che ormai fanno parte della vita quotidiana di ogni città, grande e piccola, e, almeno al Centro-Nord anche dei paesi di provincia, dove costituiscono la forza lavoro principale e indispensabile in molti settori.

È anche grazie a questi nuovi italiani se molte scuole hanno evitato la chiusura: secondo il ministero dell’Istruzione nell’anno scolastico nel 2019/20, sono stati 876.820 gli studenti di origine straniera. Parliamo del 10,3% del totale, con punte del 17,3% in Emilia Romagna e del 16% in Lombardia. Sono percentuali destinate ad aumentare considerando che tra i nati la proporzione di italiani con genitori stranieri è già più alta.

Sono tanti anche i giovanissimi immigrati under 12 arrivati in Italia solo dopo la nascita: 32mila nel 2020 e 41.616 nel 2019.  Anche costoro rimarranno in Italia, considerando che solo poco più di 4mila bambini e pre-adolescenti emigrano mediamente ogni anno dal nostro Paese.

Il riferimento ai 12 anni non è casuale: è rivolto proprio a coloro che sono immigrati prima di questa età il disegno di legge chiamato “ius scholae”, che prevede che costoro e coloro che in Italia sono nati ma non hanno la cittadinanza italiana possano ottenerla dopo avere terminato un ciclo di studi di 5 anni.

La proposta è una versione moderata dello Ius Soli, ma sta comunque incontrando l’opposizione delle forze politiche che del contrasto dell’immigrazione fanno il proprio core business.

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Tra il 2018 e il 2020 l’Italia è stato il Paese che ha concesso a più stranieri, 371.327, la cittadinanza, superando la Germania e tutti gli altri Paesi europei in cui pure la percentuale di migranti è da sempre superiore. Ma poco meno di 95mila di queste acquisizioni hanno riguardato chi aveva meno di 15 anni. Questi bambini e ragazzi sono diventati italiani principalmente grazie all’ottenimento della cittadinanza da parte dei genitori, e sono stati esclusi i coetanei che hanno fatto i loro stessi studi, ma che avevano padri e madri non ancora idonei.

Se consideriamo i 15-19enni e i 20-24enni l’Italia si conferma lo Stato Ue con il maggior numero di concessioni.

Non solo, ogni anno dal 2013 in poi mediamente la percentuale di stranieri che acquisisce la cittadinanza italiana è stata superiore al 2%, con un picco del 4% nel 2016. Una proporzione quasi sempre maggiore di quella che caratterizza Germania, Francia, Regno Unito e recentemente anche la Spagna. Solo nei Paesi Bassi e in Svezia si raggiungono cifre maggiori.

Non si tratta di politiche “buoniste”, ma della conseguenza della natura recente dell’immigrazione. Solo negli ultimi tempi un numero significativo di persone ha raggiunto i requisiti per la cittadinanza, che siano i 10 anni di permanenza continuativa, la presenza di un certo reddito, il compimento dei 18 anni per i nati nel nostro Paese.  Parliamo di coloro che sono arrivati o venuti al mondo tra gli anni ‘90 e il primo decennio di questo secolo, al picco del fenomeno migratorio, in un periodo in cui altrove in Europa occidentale gli stranieri già facevano parte da tempo del tessuto sociale.

Ora è così anche nel nostro Paese, dove assieme agli immigrati sono cresciuti nel tempo quanti tra questi possiedono un titolo di studio. Nella maggior parte dei casi è stato ottenuto dopo 5 anni di frequenza continuativa, soprattutto se consideriamo i 316mila tra 15 e 24 anni che hanno finito le scuole medie, e quindi le elementari. Senza contare i 157mila con un diploma o una laurea.

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Nel tempo tra coloro che hanno finito le medie, gli stranieri sono divenuti l’11,3%, mentre la loro proporzione è inferiore se ci riferiamo a chi ha finito le superiori e soprattutto l’università. Nessuno o quasi ne parla, ma forse è questo un problema più urgente da affrontare: la carenza di immigrati laureati, lo scarso livello delle loro competenze.

La polemica, invece, si concentra su quegli 876.801 bambini e ragazzi che, se non abbandonassero gli studi, potrebbero avere la cittadinanza nei prossimi 8 anni. Almeno 573.845 di loro sono persone nate in Italia e si tratterebbe di una agevolazione burocratica, otterrebbero prima quanto comunque potrebbero conseguire al compimento dei 18 anni, semplificando la propria vita.

Per poco più di 300mila si tratterebbe di una conquista di ancora maggior significato, ma anche per costoro sarebbe un anticipo. Prima o poi quella pergamena e quella bandiera la otterrebbero lo stesso, solo con maggiori scartoffie e perdite di tempo. I numeri sulle acquisizioni di cittadinanza sono chiari.

Probabilmente questo lo sanno anche la gran parte dei politici di Lega e Fratelli d’Italia, molti dei quali vivono in aree in cui marocchini, egiziani, nigeriani, pakistani, bengalesi sono una presenza stabile, in realtà accettata dalla popolazione. Vanno a scuola con i loro figli, sono i colleghi dei loro elettori.

Si tratta di qualcosa che si è già visto, è una battaglia di retroguardia per marcare il terreno, analoga a quella sui diritti Lgbt: un tempo l’opposizione era al mero riconoscimento dell’esistenza degli omosessuali, alla liceità dei rapporti tra persone dello stesso sesso, poi, una volta sconfitta, è passata alle unioni civili. Ora queste non sono più in discussione e l’obiettivo sono i figli delle coppie gay.

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Così la presenza degli stranieri non è più di fatto contestata, e neanche quella di chi nasce in Italia, anche in questo caso la battaglia prosegue da posizioni arretrate, come chi continua a sparare ritirandosi solo per affermare di non essere sconfitto, di esserci ancora. Per ottenere vittorie momentanee, tattiche, destinate a ritardare l’inevitabile svolgimento degli eventi.

Salvo imprevisti, sempre possibili, sarà così anche per quanto riguarda l’immigrazione in Italia. Con lo stop o il forte rallentamento degli arrivi la percentuale di quanti, tra coloro che negli anni sono arrivati, avrà ottenuto la cittadinanza sarà sempre maggiore, qualsiasi sia la legge in vigore.

Che lo ius scholae venga riconosciuta per quello che è, una razionale semplificazione, o meno.

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