Governo, M5S non vota la fiducia al Senato. Crisi ed elezioni dopo l’estate

Governo, M5S non vota la fiducia al Senato. Crisi ed elezioni dopo l’estate

Se il M5S la settimana prossima non vota la fiducia anche al Senato sul Dl Aiuti – ieri Giuseppe Conte a domanda precisa ha risposto con un “vedremo” – sarà crisi di governo

“Rispetto a letture giornalistiche di stamani preciso, per evitare fraintendimenti, che noi rimaniamo alla decisione presa insieme nella Direzione Nazionale il 30 giugno; il governo Draghi è per noi l’ultimo della legislatura”. Lo scrive su Twitter il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta. Una precisazione importantissima, fondamentale.

Sui giornali erano circolate ipotesi su un possibile esecutivo Draghi bis laddove il Movimento 5 Stelle uscisse. Letta, di buon mattino, stoppa tutto. Se cade questo governo si va dritti alle elezioni politiche anticipate tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre in modo tale che il nuovo esecutivo post-voto abbia il tempo per approvare (di corsa) la Legge di Bilancio per il 2023.

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Il significato nascosto del tweet di Letta è semplice: se il M5S la settimana prossima non vota la fiducia anche al Senato sul Dl Aiuti – ieri Giuseppe Conte a domanda precisa ha risposto con un “vedremo” – sarà crisi di governo con la richiesta, almeno del Pd, di sciogliere le Camere. Non ci sono subordinate. A Palazzo Madama non c’è il doppio voto su fiducia e testo, prendere o lasciare. Dentro o fuori. Il problema è che se alla Camera gli anti-Draghi grillini sono pochi, si è visto nei numeri, al Senato sono più della metà. E se anche Conte decidesse di votare la fiducia, molti dei suoi potrebbero non farlo.

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La situazione è davvero incandescente. Nel Dl Aiuti ci sono almeno tre provvedimenti che non piacciono ai 5 Stelle: le norme che rivedono il reddito di cittadinanza, il tema del Superbonus e soprattutto il termovalorizzatore di Roma. Lo strappo di Conte e del Movimento, come ha spiegato il ministro Dario Franceschini domenica scorsa, significherebbe anche la fine dell’alleanza Pd-M5S e il tramonto definitivo del campo largo di Letta. 


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