TRENTO. Un disastro, il peggiore di sempre, specchio della politica peggiore di sempre. Il referendum sulla giustizia che si è tenuto nelle scorse ore ha stabilito plasticamente, se ancora ce ne fosse stato bisogno, che stiamo vivendo in un momento storico drammatico per la salute della nostra democrazia. I partiti populisti che fino a pochi anni fa catalizzavano i voti degli italiani dopo che si sono mostrati per quello che sono, l’incapacità al governo, oggi ancora pesano sulle spalle del Paese (anche dal punto di vista elettorale) e continuano a fare danni, come si è visto domenica.
Il referendum voluto, promosso e sponsorizzato dalla Lega di Salvini ha visto andare a votare solo il 20% degli italiani, la percentuale più bassa di sempre e anche i pochi che hanno votato non si sono espressi in maniera plebiscitaria, tutt’altro. Un risultato ovvio già da prima che i cinque quesiti venissero posti ai cittadini: gli argomenti trattati erano, infatti, da filosofia del diritto, questioni complesse e dibattute da decenni, che dividono anche esperti e cultori della materia e che certamente non dovevano essere sottoposti alla cittadinanza in quella forma e con quelle modalità.
In questo quadro la sconfitta di Salvini, che ne è stato il promotore, è palese (e da tre anni a questa parte gli insuccessi sono stati talmente tanti da farlo precipitare dal 33% delle europee del 2018 al 14% attuale) ma lo è anche della politica più in generale. Una politica che da anni è commissariata per manifesta incapacità da ”salvatori” esterni (l’ultimo presidente del consiglio ”eletto” è stato Berlusconi nel 2008 a sua volta, comunque, cacciato perché stava portando il Paese al tracollo finanziario travolto dagli scandali legati alla vicenda delle Olgettine, la nipote di Mubarak e da politiche incapaci di arginare la crisi internazionale). Una politica che è talmente incapace da dover chiedere ai cittadini di riformare la giustizia su tematiche che riguardano, appunto, delle scelte squisitamente politiche (più giustizialiste o più garantiste per semplificare).
E’ il fallimento della politica degli ultimi anni caratterizzata dalla presenza di due movimenti, uno a destra, la Lega di Salvini appunto, e uno, il Movimento5Stelle, ritrovatosi a sinistra più per vuoto politico e di idee di chi doveva ”coprire” quello spazio che per ideali e programmi. Due movimenti che parlano lo stesso linguaggio, quello del populismo, che in un anno e pochi mesi di governo, insieme, hanno smontato lo smontabile e fatto a pezzi, per fare un esempio, il mondo del lavoro in Italia.
I primi demonizzando l’immigrazione nonostante fosse già palese qualche anno fa che la curva demografica italiana avrebbe richiesto ”sostegni” esterni pena il vuoto di manodopera nei più disparati settori. E così al grido di ”prima gli italiani’‘ i giovani italiani non si trovano più nemmeno per giocare a calcio e solo un’immigrazione misurata, gestita e ragionata avrebbe permesso (e permetterebbe) di tenere in moto la ”macchina” Italia. E non è un caso se oggi sono le stesse categorie economiche che per molto tempo hanno ”sponsorizzato” la Lega (si pensi al mondo dell’agricoltura, dell’allevamento, del turismo) oggi implorano di aprire corridoi con gli altri Paesi per importare manodopera.
I secondi, i 5 Stelle hanno spinto al massimo la logica dell’assistenzialismo in Italia introducendo il reddito di cittadinanza importando nel nostro Paese un modello di (non) sviluppo para Peronista di stampo sudamericano. Bonus, sostegni, la logica che alla fine in un modo o nell’altro ci deve pensare lo Stato a te che quindi puoi sempre essere arrabbiato per qualcosa perché lo Stato non potrà mai farti stare come vorresti (e come ti dovresti guadagnare tu). Scassata culturalmente la logica del merito, dell’impegno, dell’investimento su sé stesso oggi ci ritroviamo nella situazione in cui siamo. Mancano i lavoratori (anche stranieri) e quelli che ci sono aspettano sul divano la ”chiamata” da 2.000 euro per un ruolo da top manager (e quindi aspetteranno potenzialmente per sempre, comodi sul divano, ma arrabbiati e pronti a dimostrarlo sui social).
Il populismo, dice qualcuno, è al declino. Ma sarà sempre troppo tardi. Fratelli d’Italia da una parte e il Pd dall’altra non possono ”liberarsi” dei rispettivi partner di viaggio perché elettoralmente ancora importanti. Il futuro degli italiani è, allora, in mano agli italiani stessi. Tra un anno saranno loro a decidere che Paese sarà, alle prossime elezioni nazionali. In quel caso bisognerà andare a votare per davvero ed esercitare, così, il proprio diritto dovere, non come accaduto per questo disastroso referendum per la riforma della giustizia. Il peggiore di sempre dei peggiori di sempre.
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