Imperia: Liceo Artistico e Liceo Amoretti, 88 docenti in rivolta. ‘Situazione disastrosa. Vogliamo spazi adeguati e sicuri’

“Siamo docenti del Liceo Amoretti e Artistico e vorremmo illustrare la situazione dell’istituto in cui lavoriamo, all’inizio del terzo – se si ragiona in termini scolastici- anno di emergenza pandemica”. Inizia così la lettera inviata alle redazioni dei giornali da 88 insegnanti del Liceo Artistico e Amoretti di Imperia.

Imperia: Liceo Amoretti e Artistico, docenti in rivolta

“La breve e doverosa premessa è che il Covid 19, con tutta la sua drammaticità, non ha fatto altro che aggravare ed accelerare una deriva in atto da tempo nel nostro paese, il quale si occupa della scuola pubblica tamponando sbrigativamente e male i buchi solo quando diventano voragini pericolose, un po’ come si fa con l’asfalto, con il risultato che con il bel tempo si procede sobbalzando e con la pioggia di rischia di scivolare e farsi male.

La situazione disastrosa è sotto gli occhi di tutti da tempo, ma forse vale la pena chiarire come la prolungata mala gestione della cosa pubblica si ripercuota con effetti devastanti, e in breve tempo, sul territorio in cui viviamo.

Ecco dunque un rapido excursus dagli ultimi mesi.

“Per tutta la seconda metà dell’anno scorso, gli studenti del Liceo Amoretti sono entrati in aula al cinquanta per cento, seguendo un orario spalmato fra le 9.30 del mattino e le 15.00 del pomeriggio. Hanno consumato i loro dieci minuti di pausa pranzo seduti nei banchi e non hanno avuto il piacere di rivedersi tutti insieme neppure l’ultimo giorno di scuola. Una simile scansione oraria presenta per i ragazzi e il loro doveroso studio casalingo, moltissime criticità che tutti possiamo ben immaginare.

Sorvoliamo poi sulle sacrosante difficoltà a tenere l’attenzione in orario post prandiale e su quelle dei docenti nel conciliare, soprattutto nelle ultime ore di lezione, una didattica efficace con l’oggettivo esaurirsi delle energie, proprie e dei ragazzi.

Chi, fra i rappresentanti degli studenti, insegnanti o genitori, sollevava critiche in merito, si è sempre sentito rispondere che non sarebbe stato possibile fare diversamente, che ci si sarebbe organizzati per l’anno successivo, ma data l’emergenza bisognava fare buon viso a cattivo gioco.

E’ così passata un’altra estate carica di aspettative e buoni propositi ma, insieme al caldo, sono scivolate via anche le speranze di coloro che davvero hanno creduto che la scuola fosse una priorità di cui ci si sarebbe occupati con con cognizione di causa. Infatti, al di là del dibattito sul greenpass che ha estenuato le nostre orecchie fino allo sfinimento, nulla è stato fatto, nulla è cambiato. Anzi, se possibile la situazione è peggiorata.

Ed ecco quindi la situazione attuale. Per quanto riguarda il Liceo Amoretti, è rimasto tutto pressochè invariato. Gli ingressi scaglionati sono nuovamente contemplati (anche se quest’anno si comincia con l’uscire dalle lezioni alle due invece che alle tre) e sono stati allargati ad altre scuole sul territorio; il numero di corse degli autobus, soprattutto quelli che servono l’entroterra, è rimasto identico. Intanto, all’interno degli istituti decade per decreto l’obbligo di distanziamento di un metro, perchè il Ministero pare essersi accorto che le classi da trentuno allievi a cui ci ha tristemente abituati negli ultimi anni, non hanno possibilità alcuna di essere collocate in sicurezza nelle aule anguste delle nostre scuole. Tutti con la mascherina dunque, ma tenendoci a braccetto !

Si è ben pensato, però, di andare a rovinare anche ciò che pareva, pur zoppicando, funzionare: il Liceo Artistico è stato spostato dalla sua storica sede in via Agnesi (edificio senz’altro vetusto ma almeno munito di spazi adeguati per i laboratori che costituiscono la specificità di tale indirizzo di studi) per essere sparso a coriandolo su tutto il territorio onegliese. Le sedi di tale Liceo sono ad oggi quattro, con tutti i problemi relativi all’organizzazione dell’orario interno e allo spostamento degli allievi da un luogo all’altro nel corso della mattinata (sono ben 16 gli spostamenti settimanali previsti !).

Una di queste sedi, inoltre, avendo spazi molto ridotti ospiterà una sola classe, con buona pace di chi si è riempito la bocca con proclami sulla necessità di aiutare gli adolescenti a tornare a socializzare con i coetanei in un ambiente sicuro; un’altra, in Piazza Ulisse Calvi, costringerà i ragazzi a disegnare nel corridoio, non disponendo di aule adeguate per contenere l’attrezzatura necessaria per i laboratori.

Anche per gli alunni disabili e con sostegno, neanche a dirlo, gli spazi si sono notevolmenti ridotti, alla faccia delle belle parole sulla necessità di aiutare, ora più che mai, i più fragili. Ai nostri alunni ripetiamo spesso che usare un linguaggio adeguato è importante, perchè non serve solo per esprimersi compiutamente, ma è lo specchio del modo in cui vediamo il mondo e ci rapportiamo con esso.

Sarebbe forse il caso, quindi, di smettere di considerare quello della scuola come un problema da tamponare velocemente, e bisognerebbe cominciare a parlare di esigenze e necessità della scuola stessa, imprescindibili ed importanti come poche altre cose per un paese che voglia guardare al futuro con prospettive lusinghiere.

Lasciateci dire che non ci servono altri computer, linee internet rapidissime, banchi a rotelle e lavagne elettroniche; non chiediamo fondi per progetti inattuabili, non ci interessa rientrare in statistiche di merito o ricevere pacche sulle spalle che ci chiedono di pazientare.

Quello che vogliamo sono spazi adeguati, sicuri (sia in tempi pandemici che in tempi più tranquilli), e garanzia di una scuola in presenza, perchè niente sostituisce la didattica in classe. Vogliamo un organico al completo, comprensivo degli insegnanti di sostegno, dal primo giorno di scuola, vogliamo edifici che tengano conto dei bisogni educativi e vogliamo che tali bisogni siano una priorità per tutti, perchè tutti ne pagheremo la mancata attuazione, di qui a poco.

Che venga riattato una volta per tutte, questo asfalto farraginoso. E dopo che è stato fatto, lasciateci lavorare in pace”.

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