In due anni si è dimezzato il numero di famiglie con reddito di cittadinanza

In due anni si è dimezzato il numero di famiglie con reddito di cittadinanza

Dati provinciali: 1.800 beneficiari nel 2021 (su 110mila nuclei). L’importo medio di aprile 2022 era 500 euro. Tempo indeterminato per il 7 percento di chi ha avuto offerte. Il commento del dirigente dell’Agenzia regionale per il lavoro Andrea Panzavolta

Colloquio Di Lavoro

Nel mese di aprile 2022, secondo i dati Inps, in provincia di Ravenna percepivano il reddito di cittadinanza (Rdc) quasi 2.300 nuclei familiari (su circa 110mila totali in provincia). Le persone coinvolte erano più del doppio. L’importo medio era di poco inferiore a 500 euro mensili (va ricordato che l’Rdc non è un importo fisso, ma una integrazione del reddito familiare fino ad un massimo variabile in funzione della composizione del nucleo, pertanto solo chi non ha nessun reddito prende il massimo).

Le domande presentate si sono ridotte nel tempo e così è stato anche per quelle accolte. Rispetto alla nascita del sussidio c’è stato quasi un dimezzamento: 3.328 accolte nel 2019 (su 6.300 presentate), 1.808 accolte nel 2021 (su 3.500 richieste). Una riduzione del 45,7 percento. E il trend del 2022 è di ulteriore calo.

Nella partita dell’Rdc i centri per l’impiego (Cpi) avevano un ruolo cruciale. Il decreto legge del 2019 fece nascere la figura del navigator da inserire nei Cpi per affiancare i beneficiari. Il procedimento per la loro selezione e assegnazione è stato svolto dalla società ministeriale Anpal Servizi Spa e le assunzioni sono avvenute con contratti Cococo. «In provincia di Ravenna ne erano previsti tredici e attualmente ce ne sono tre – spiega Andrea Panzavolta, dirigente dell’Agenzia regionale per il lavoro a cui fanno capo i Cpi in Romagna –. Dopo la prima selezione, il ministero non ne ha disposte altre. Sono stati impegnati soprattutto in attività come la convocazione dei percettori di reddito di cittadinanza e meno nella promozione dell’impiego. Quest’ultima attività si è potuta realizzare solo su piccoli numeri».

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Il passaggio fondamentale dell’organizzazione dell’Rdc è rappresentato dalle offerte di lavoro che avrebbero dovuto ricevere i beneficiari del sussidio. «Il legislatore ha immaginato un meccanismo senza tener troppo conto della sua attuazione concreta – dice Panzavolta –. Si è fatto “come se” il criterio della “congrua offerta di lavoro” potesse funzionare agevolmente, mentre non era così. Nei fatti non mi risulta si sia proceduto a sanzionare qualcuno dei percettori di reddito di cittadinanza per la mancata accettazione di offerte di lavoro ma solo per la mancata partecipazione alle convocazioni dei centri per l’impiego che servivano principalmente per la profilazione di chi aveva presentato la domanda».
Ci sono poi altri dati da considerare per capire a chi sono arrivate offerte di lavoro: «Nell’11,3 percento dei casi nella nostra regione, i percettori erano già occupati. L’Rdc infatti non prevede il requisito della disoccupazione, perché anche un nucleo con un occupato può trovarsi in difficoltà economica. Gli occupati sono ovviamente esclusi da obblighi di attivazione al pari delle persone iscritte a un regolare corso di studi, i pensionati, gli over 65 e i disabili. Inoltre ci sono possibilità di esonero temporaneo dagli obblighi nei casi in cui si frequenti un corso di formazione professionale, un tirocinio oppure se si è in condizioni di salute o gravidanza che impediscono l’attivazione, oppure ancora nel caso si abbiano carichi di cura di minori di tre anni o di persone non autosufficienti».

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La fotografia per la provincia di Ravenna – dai dati forniti da Panzavolta – dice che su cento redditisti, il 38,5 percento sono in situazione di esclusione o esonero (sulla base delle causali prima descritte), il 30,4 sono ritenuti fragili e quindi rinviati ai servizi sociali, il 3,3 percento non ha partecipato alle convocazioni e quindi è stato sanzionato secondo la normativa e il 27,8 percento risulta aver sottoscritto il Patto per il Lavoro ed essere quindi soggetto agli obblighi tra cui l’accettazione delle offerte di lavoro.

Ad oggi risulta che il 42,5 percento dei percettori di Rdc della provincia di Ravenna abbia avuto almeno un avviamento al lavoro o abbia continuato una attività di lavoro dopo la domanda Rdc. Solo nel 7,3 percento dei casi l’avviamento è stato con un contratto di lavoro a tempo indeterminato. «Nella stragrande maggioranza dei casi, le attività di lavoro non interrompono la fruizione dell’Rdc, ma ne riducono l’importo o provocano una sospensione temporanea, pertanto al termine dell’attività si torna alla situazione di partenza».

In conclusione, Andrea Panzavolta, giudica il reddito di cittadinanza «una misura utile per il contrasto alla povertà che ha esteso dispositivi già avviati dai precedenti governi e che si è rivelata utilissima per affrontare il periodo della pandemia». Tra gli elementi positivi indotti dalla norma, secondo il dirigente, va considerato lo sviluppo dell’integrazione tra servizi per il lavoro e servizi sociali: «Si è operato in maniera molto stretta nel valutare le situazioni delle persone nell’ambito di èquipe multiprofessionale».
E questo nonostante un avvio senza troppa preparazione: «È stata una misura introdotta in maniera repentina e senza una adeguata preparazione dei servizi per una sua attuazione efficace come se bastasse scrivere una norma perché questa sia effettivamente realizzata, peraltro in un Paese come il nostro che presenta situazioni estremamente varie in termini di mercato del lavoro e di efficienza dei servizi locali».
Secondo Panzavolta le misure di politica attiva immaginate sono state variamente realizzate: «Le azioni di orientamento e di supporto alla ricerche del lavoro sono state offerte ai redditisti come anche alle altre persone disoccupate mentre la tematica della concreta proposta di “congrue offerte di lavoro” poteva essere pensata e progettata diversamente»

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