Incontro tra Letta e Calenda, cosa hanno deciso in vista delle elezioni politiche del 25 settmbre

Incontro tra Letta e Calenda, cosa hanno deciso in vista delle elezioni politiche del 25 settmbre

Il terzo polo c’è già e lo ha lanciato domenica all’ora di pranzo Matteo Renzi. “È tutto più chiaro, coerente e rispettoso dell’elettorato se andiamo da soli. Italia viva rischia, lo sappiamo ma siamo abituati alle sfide. Non portiamo via nulla a nessuno. Anzi, possiamo essere noi il valore aggiunto di questa contesa elettorale”. Il problema è che la decisione di Renzi ha fatto così tanta chiarezza da agitare le acque nel mare di Azione e +Europa. Il motivo è presto detto: un conto era stare tutti nella grande alleanza Democratici e progressisti a traino Pd; diverso se il Nazareno butta fuori Renzi (vedremo poi perché) e costringe Calenda e Bonino a stare sotto lo stesso tetto con Fratoianni e i 5 Stelle. “Io sono abbastanza dibattuta – ha detto ieri sera Emma BoninoLetta non ci ha filato per tre anni, impegnato com’era nella rincorsa dei 5 stelle. Tre giorni fa si è svegliato e Franceschini ci ha telefonato. Letta si deve anche rendere conto che la base del mio partito è completamente contraria”.

Doveva chiarirsi tutto ieri. È stata invece un’altra giornata di attesa. L’incontro chiarificatore e definitivo sarà oggi. Letta e Calenda si sono inseguiti a colpi di tweet e di appelli postati sui social. La trasparenza è salva. La chiarezza un po’ meno. E Dio solo sa quanto ci sarebbe bisogno di chiarezza in momenti come questi dove non solo si decidono le squadre in campo – e quindi le strategie – ma soprattutto il messaggio politico e programmatico da dare agli elettori.

Doveva chiarirsi tutto in mattinata. Queste almeno le attese. La domenica si è chiusa con la lettera a doppia firma Calenda-Della Vedova che sotto i rispettivi simboli hanno messo in fila alcune richieste al segretario dem. Richieste già recapitate a voce ma senza una risposta giudicata valida. “Dando seguito al dialogo e al confronto di questi giorni – hanno scritto Calenda e Della Vedova – riteniamo necessario sottoporti nuovamente le nostre valutazioni. Siamo molto preoccupati di come si va costruendo l’alleanza Repubblicana”. Sia per le alleanze (“Ogni giorno che passa vediamo coinvolti sempre più 5 Stelle transfughi dal loro partito”) che per i programmi: oltre all’ormai “famosa” nave rigassificatore al largo di Piombino che il governo ha definito “questione di sicurezza nazionale per affrontare l’inverno abbastanza tranquilli dal punto di vista energetico”, il segretario Letta ha rilanciato un suo vecchio pallino: patrimoniale per successioni milionarie da distribuire ai diciottenni. Un altro bonus, ricavato da tasse: due incubi sia per Azione che per +Europa. da qui l’aut-aut di Calenda e Della Vedova. In due punti. Il primo: divieto assoluto di candidare nei collegi uninominali alleati come Di Maio o Fratoianni o Bonelli “perché non un nostro voto dovrà andare a loro che invece dovranno guadagnarseli nei collegi proporzionali”. Il secondo: “Trovare punti di compatibilità sui tanti punti che ci accomunano, dal salario minino ai diritti ma anche su infrastrutture energetiche, revisione del Reddito di cittadinanza, politiche fiscali e di bilancio”. Insomma, dieci punti di programma veri e condivisi. Oggi. Non dopo il 25 settembre. Che altrimenti, “con una coalizione così dove ciascuno ogni giorno dice una cosa diversa, ci facciamo ridere dietro e non siamo credibili”. Dice bene Calenda: credibilità almeno su alcuni punti del programma anche se è vero che la legge elettorale non vincola a programmi condivisi. Cioè ciascuno può andare col proprio in coalizione con altri. Queste coalizioni sono una finzione per tutti, anche nel centrodestra dove però sono più abili, ontologicamente meno analitici, nel nascondere le differenze con un bel fiocco.

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La risposta alla lettera scritta doveva arrivare ieri mattina. E invece nulla. C’è stata la presentazione di “Impegno civico”, simbolo colorato con Di Maio scritto grande e il Centro democratico di Tabacci in alto, più piccolo, a dare il simbolo e l’esenzione dalle firme. Illuminante ieri mattina durante la presentazione vedere i giovani parlamentari ex 5 Stelle ascoltare come un oracolo il verbo e l’esperienza di Tabacci. C’è stato Matteo Renzi e Italia viva che hanno già deciso di andare da soli in cerca del 5%. L’ex premier ha lanciato l’hastag #terzopolo domenica a fine mattinata. Per tutta risposta la segreteria dem ha distribuito, sempre domenica, un sondaggio Ipsos che nei fatti ha messo Renzi alla porta dicendo che “il suo gradimento nel nostro elettorato è pari al 4%”. Un colpo alla tempia. Del resto mai in queste due settimane Letta ha mostrato anche solo l’intenzione di voler coinvolgere Italia viva nella partita. Problemi personali a quanto pare insuperabili e non legati alla scissione del 2019 visto che gli altri scissionisti – Speranza e Articolo 1– sono già ospitati nelle liste Pd.

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Il terzo polo dunque nasce e avrà la faccia di Matteo Renzi: “Noi siamo per la coerenza che significa andare per conto nostro. Ce la giochiamo, è rischioso, tutto vero ma sappiate anche che il vero voto utile siamo noi che possiamo andare a raccogliere il malcontento dei liberali moderati che non potranno più seguire Forza Italia al traino delle destre sovraniste”.

A questo punto sono Calenda e Della Vedova che devono decidere. E da domenica sera va in onda questo giochino che sa tanto di scarica barile. Vediamo a chi resta in mano il “cerino” della rottura. Giochino che ieri ha toccato punte assai aspre.

Dopo ore di silenzio, il segretario dem ha lanciato il suo appello. Sono più o meno le cinque di ieri pomeriggio. Letta ha convocato la segreteria nazionale e subito dopo i sindaci che sono una delle punte della sua “alleanza tecnica”. “Il Partito Democratico fa appello a tutte le forze politiche con cui, dopo le dimissioni del governo Draghi, si è lavorato per fare nascere un campo di forze democratiche e civiche: si proceda, senza veti reciproci, a costruire un’alleanza che prosegua nel forte impegno europeista che l’esecutivo guidato da Draghi ha saputo interpretare. Ogni divisione oggi rappresenterebbe un regalo alla destra che l’Italia non può permettersi”.

Passano pochi minuti e la replica di Calenda è già su twitter: “Enrico Letta sei troppo intelligente per considerare questo appello una risposta. Vediamoci oggi con Più Europa e chiudiamo in un senso o nell’altro. Così ci facciamo male tutti. A dopo”. Sono le 17 e 39. Viene diffuso anche un comunicato ufficiale a doppia firma Calenda-Della Vedova: “Vogliamo risposte ai temi politici. Non è credibile il riferimento ad un’alleanza nel solco di Draghi mentre si mantiene come prioritario l’accordo con forze da sempre all’opposizione del governo Draghi”. Il punto è sempre quello: la coabitazione con i rosso-verdi e i 5 Stelle.

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Poco dopo le 18 parla Letta. E non è una mano tesa. Anzi. “Io sono pronto ad incontrare Calenda, Bonino e Della Vedova, farò di tutto per tenere larga la coalizione ma no veti né sportellate”. Poi l’affondo: “Patti chiari e amicizia lunga. Io e Calenda tre giorni fa ci siamo visti, eravamo d’accordo su un percorso e ci siamo stretti la mano, ma se tutto salta due giorni dopo, vuol dire che stringersi la mano non serve a niente”. Ancora più stizzita la replica di Calenda: “I patti erano e sono chiarissimi. Legittimo dire non riesco ma chiudiamo questa partita”. Nel frattempo – e si sono fatte le otto di sera – Licia Ronzulli attacca Calenda e Letta e le loro “storielle estive di due adolescenti”. Il leader di Azione replica: “No storielle estiva ma cene eleganti”. Piovano insulti, “cafone e villano”. Almeno questi tra due sponde che saranno contrapposte. Per l’incontro decisivo si dovrà aspettare oggi.

Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent’anni a Repubblica, nove a L’Unità.

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