Istat: ‘Un milione di poveri in meno grazie al reddito di cittadinanza. In 15 anni triplicati gli individui in disagio economico’

Istat: ‘Un milione di poveri in meno grazie al reddito di cittadinanza. In 15 anni triplicati gli individui in disagio economico’

“Le misure di sostegno economico erogate nel 2020, in particolare reddito di cittadinanza e di emergenza, hanno evitato a un milione di individui (circa 500mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta”. Lo indica il rapporto annuale Istat. L’intensità della povertà, senza sussidi, nel 2020 sarebbe stata di 10 punti percentuali più elevata, raggiungendo il 28,8% (a fronte del 18,7% osservato). Tuttavia, si legge nel volume, il numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni (il 9,4% del totale), mentre le famiglie sono raddoppiate da 800 mila a 1,96 milioni (il 7,5%). La povertà assoluta, tre volte più frequente tra i minori (dal 3,9% del 2005 al 14,2% del 2021) e una dinamica particolarmente negativa caratterizza anche i giovani tra i 18 e i 34 anni (l’incidenza ha raggiunto l’11,1%, valore di quasi quattro volte superiore a quello del 2005, il 3,1%).

“La forte accelerazione dell’inflazione negli ultimi mesi rischia di aumentare le disuguaglianze poiché la riduzione del potere d’acquisto è particolarmente marcata proprio tra le famiglie con forti vincoli di bilancio”, osserva l’Istat. Per questo gruppo di famiglie a marzo 2022 la variazione tendenziale dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo è risultata pari a +9,4%, 2,6 punti percentuali più elevata dell’inflazione misurata nello stesso mese per la popolazione nel suo complesso.

Salari in discesa – “La crescita dei prezzi osservata dalla seconda metà del 2021 fino a maggio 2022, in assenza di ulteriori variazioni al rialzo o al ribasso, potrebbe determinare a fine anno una variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +6,4%. Senza rinnovi o meccanismi di adeguamento ciò comporterebbe un’importante diminuzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali che, a fine 2022, tornerebbero sotto i valori del 2009″. Lo calcola l’Istat nel Rapporto annuale. Già nel 2021 la risalita dei prezzi al consumo ha portato a una diminuzione delle retribuzioni reali superiore a un punto percentuale. È stata così erosa “quasi totalmente” la crescita del 2020.

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“Nel 2021 la dinamica salariale si è mantenuta molto moderata, con aumenti delle retribuzioni contrattuali per dipendente dello 0,7% e dello 0,4 per quelle lorde di fatto per unità di lavoro equivalenti a tempo pieno (Ula)”, spiega l’Istat nella sintesi del Rapporto annuale. Intervenendo in mattinata all’Assemblea annuale dell’Abi il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha definito “confortante” il fatto che i salari stiano crescendo meno dell’inflazione.

Un milione di persone guadagna 8 euro l’ora – Quasi un milione di dipendenti del settore privato percepiscono per il loro lavoro meno di 8,41 euro all’ora e una retribuzione totale al di sotto di 12mila euro l’anno, secondo i dati indicati dall’Istat nel Rapporto annuale. L’analisi non considera l’agricoltura e il lavoro domestico. Il numero sale a 4 milioni di dipendenti – il 29,5% del totale – se si considera solo il limite della bassa retribuzione annua di 12 mila euro. Invece, al di sotto della sola soglia della bassa retribuzione oraria (8,41 euro) risultano 1,3 milioni di dipendenti, il 9,4% del totale. Dati significativi per il dibattitto sull’introduzione di un salario minimo di 10 euro lordi l’ora.

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Numero di dipendenti pubblici più basso d’Europa – Il prolungato blocco delle assunzioni e le riforme pensionistiche hanno portato a una riduzione del pubblico impiego di 200 mila occupati negli ultimi venti anni e all’innalzamento dell’età media di poco meno di 6,5 anni fino a 49,9 anni nello stesso periodo, secondo i dati riportati dall’Istat nel Rapporto annuale. “Tra le economie europee per le quali sono disponibili dati comparativi, sia pure con le cautele di un simile confronto, i dipendenti pubblici in Italia sono i meno numerosi in rapporto alla popolazione (5,6 ogni 100 abitanti) e i più anziani”, scrive l’istituto di statistica.

Tra forza e debolezza – “Forti capacità di resilienza e le grandi vulnerabilità” emergono in Italia dal rapporto annuale dell’Istat, secondo il presidente Gian Carlo Blangiardo.
“Dopo lo shock della pandemia, con una caduta del Pil senza precedenti dalla Seconda guerra mondiale, la ripresa è stata rapida e robusta”, dice Blangiardo presentando il rapporto alla Camera. Tuttavia, aggiunge, “con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia si sono creati nuovi e importanti ostacoli e sono emersi numerosi elementi di incertezza sia per le imprese, sia per quei cittadini che speravano in un rapido percorso verso un futuro migliore”.

“Benché le misure adottate dal governo siano state, come era accaduto durante la pandemia, puntuali e mirate, la ripresa è stata messa a rischio dal sovrapporsi di diversi fattori: dal prolungarsi della guerra, alla crescente inflazione, agli effetti dei cambiamenti climatici, all’acuirsi delle diverse forme di disuguaglianza, che purtroppo rappresentano una pesante eredità del passato biennio”. Lo afferma il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, presentando il Rapporto annuale alla Camera.

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Emissioni di Co2 in discesa – “Tra il 2011 e il 2021 le emissioni complessive in Italia sono diminuite di circa il 19%. La riduzione è stata pari al 31% nella manifattura – riguardando la maggioranza dei settori di attività – e di appena il 10% nei consumi delle famiglie”. Lo scrive l’Istat nella sintesi del rapporto annuale. Nello stesso periodo, nei comparti ad alto impatto climatico (tranne i trasporti), si è avuta una riduzione dell’intensità dell’impatto per unità di valore aggiunto. Questa contrazione è largamente dovuta al miglioramento delle tecnologie di produzione dei settori industriali mentre le attività terziarie a servizio della manifattura, il cui peso è cresciuto nel tempo, hanno fornito un contributo molto debole.

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