La campagna elettorale riapre il cantiere pensioni

La campagna elettorale riapre il cantiere pensioni

Ci voleva la campagna elettorale. Dopo mesi e mesi di assoluto silenzio, la crisi di Governo estiva e il conseguente voto del 25 settembre hanno infiammato, nuovamente, la campagna elettorale sul capitolo pensioni. Non poteva essere diversamente, perché l’argomento previdenziale è stato sempre importante in ogni campagna elettorale in quanto interessa, prima o poi, la totalità dei cittadini italiani.

Praticamente in tutti i programmi elettorali sono inserite norme che riguardano le pensioni, soprattutto improntate alla flessibilità in uscita ma anche riguardo ai 41 anni di contributi nonché bonus per le donne con figli, pensioni di garanzia per giovani, rinnovo di Opzione Donna e Ape Sociale e agevolazioni fiscali per il riscatto della laurea. Anche per chi è già pensionato ci sono proposte, come aumentare le pensioni minime e quelle di invalidità.

In teoria, quindi, tutto bene: qualsiasi coalizione vincerà le elezioni del 25 settembre farà finalmente la riforma previdenziale che aspettano milioni di italiani. Ma in realtà le cose non stanno proprio così. Infatti, andando a vedere esattamente le proposte e prendendole in esame si osserva che le Lega di Salvini, che insieme al centrodestra è in vantaggio nei sondaggi pre-voto, parla genericamente di pensionamento per tutti con 41 anni di contributi, ma non specifica esattamente se si manterrebbe il sistema misto o bisognerebbe passare a quello contributivo, poi parla di flessibilità in uscita a partire dai 63 anni ma riferendosi solamente alle donne. Forza Italia per bocca di Berlusconi vorrebbe aumentare le pensioni minime a 1.000 euro spiegando che il costo, che sarebbe esorbitante, potrebbe essere bilanciato da un ridimensionamento del reddito di cittadinanza ma anche in queto caso non entrando esattamente nei dettagli. Tutti programmi piuttosto fumosi, che disorientano i cittadini in una scelta tanto importante per il loro futuro.

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C’è, poi, una questione temporale. Il nuovo Governo completo di Ministri, Vice Ministri e Sottosegretari probabilmente non sarà operativo prima della fine di ottobre e ricordiamo che proprio in quel periodo va presentata in Parlamento la legge di bilancio da approvare entro il 31 dicembre. Personalmente penso che in quest’anno potranno essere effettuate solamente poche modifiche, come il rinnovo di Opzione Donna dell’Ape Sociale e forse operare una qualche flessibilità in uscita ma che la totalità della riforma con norme per la pensione di garanzia per giovani e donne, un’implementazione della previdenza complementare, i bonus per mamme con figli, una agevolazione del riscatto della laurea e, inoltre, gli aumenti per chi è già pensionato possano essere approvate nel 2023 ed essere operative a partire dal 1/1/2024.

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Ma, almeno, si sta tornando a parlare di pensioni e questa crisi di Governo sta prepotentemente riportando all’attenzione dei media un argomento che da troppo tempo era stato dimenticato. Un ultima considerazione: sento molti economisti che frenano sulla realizzazione della riforma previdenziale, affermando che nel mese di gennaio, per effetto dell’inflazione che viaggia intorno all’8%, il Governo sarà costretto per effetto dell’indicizzazione delle pensioni a trovare quasi 23 miliardi e, quindi, la riforma delle pensioni dovrebbe essere rinviata. Ebbene a loro ricordo che proprio a causa dell’inflazione c’è stato fino ad agosto una surplus di entrate Iva che hanno superato gli importi del 2021 di oltre 30 miliardi.

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Rubrica a cura di Mauro Marino, esperto di economia e pensioni

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