
Si va verso il centro con Renzi. Lettera ai dem: no categorico a candidati anti Draghi, «Neanche mia madre mi consiglia un patto a sinistra»
ROMA. Per battere la destra, meglio correre separati. Questo il senso del discorso che oggi Carlo Calenda farà a Enrico Letta. A lui per primo, il leader di Azione comunicherà l’esito della sua riflessione, dopo un weekend travagliato, fatto di messaggi incrociati, avvertimenti e ripensamenti. Ieri sera Calenda ha inviato al segretario del Pd una lettera, firmata anche da Benedetto Della Vedova, segretario di +Europa, che invece vorrebbe concretizzare l’alleanza a sinistra. Nella missiva si parla di due «punti imprescindibili», senza i quali l’eventuale «comune proposta di governo» sarebbe «debole e contradditoria». Uno riguarda i nodi del programma ancora irrisolti, dal reddito di cittadinanza alle infrastrutture energetiche. Ma quello più pesante è l’altro, che ribadisce la ferma contrarietà a candidare nei collegi uninominali «persone che non hanno votato la fiducia a Draghi», leggi Nicola Fratoianni, che «sostengono la necessità di abbandonare quella agenda», sempre Fratoianni e Angelo Bonelli dei Verdi, o che «hanno inventato partiti all’ultimo secondo», chiaro riferimento a Luigi Di Maio. Una condizione dura da assecondare per Letta, che con il ministro degli Esteri, ad esempio, ha già un accordo di massima, che prevede un collegio sicuro dove farlo eleggere. «Quello che aiuta la destra è una coalizione eterogenea, confusa e poco credibile – ha scritto Calenda su Twitter rivolto al leader Pd – Cerchiamo di evitarla. Noi ce la stiamo mettendo tutta».
In realtà, quello di Calenda sembra piuttosto un estremo tentativo, probabilmente suggerito dai partner di +Europa, per poter dire di aver provato fino all’ultimo a raggiungere un accordo. In cuor suo, lui avrebbe già deciso. «Nessuno mi sta consigliando di chiudere il patto con Letta – ha spiegato a chi ci ha parlato nelle ultime ore – persino mia madre mi dice di andare per conto mio e fare un accordo dopo le elezioni». Il punto è questo, evidenziato dagli ultimi sondaggi, che «ci danno un punto sopra Forza Italia», dicono da Azione: «Se corro con il Pd, con Di Maio e gli altri rischio di andarci a perdere», è il ragionamento di Calenda. L’arruolamento dell’ex capo politico 5 stelle è stato un po’ il colpo di grazia, perché «è totalmente disistimato nel Paese», come pure le trattative in corso per imbarcare altri ex 5 stelle, dal ministro Federico D’Incà al presidente della Camera Roberto Fico, «con cui si stanno sentendo, anche se smentiscono». A questo punto, è la linea consegnata da Calenda ai suoi più stretti collaboratori, «è meglio che con Letta ci dividiamo il lavoro: io presidio il Centro Italia, dove sono competitivo come ho dimostrato a Roma, e impedisco che la destra stravinca, lui si prende il Sud e così il nostro accordo è più efficace». La sfida è raccogliere gli elettori in fuga da Forza Italia e anche dalla Lega, ma per farlo non bisogna spaventarli presentandosi insieme alla sinistra.
Del resto, è questo il senso del discorso che gli ha fatto anche Matteo Renzi quando gli ha telefonato, sabato sera. Hanno parlato per oltre un’ora e poi, ieri mattina, il leader se n’è uscito con questo tweet: «La sinistra apre la campagna elettorale candidando Di Maio e parlando di tasse. La destra di Salvini e Meloni la conosciamo: sovranisti e populisti. C’è un mondo che chiede di votare altro. Noi ci siamo #TerzoPolo». Un segnale, un punto di approdo alternativo per Azione: diventare il perno di una coalizione centrista, con Italia Viva e, magari, Italia al centro di Giovanni Toti, il cui ritorno nel centrodestra sembra meno scontato del previsto. Il pressing di Renzi si è intensificato nel weekend, fino a blandire il suo ex ministro dai microfoni di “Mezz’ora in più” su Rai3: «Se Azione decide di stare in questa parte, avrà un ruolo molto rilevante – assicura – Il mio nome ideale è Mario Draghi, ma non credo che sarà disponibile a impegnarsi di nuovo». Come dire, se si fa il terzo polo Calenda sarà il volto di punta e l’eventuale candidato premier da presentare agli elettori. La scommessa, è restare al centro per prendere più voti e pesare di più dopo le elezioni, se si riuscirà a non far vincere la destra: a quel punto, si potrà fare un accordo con Letta da una posizione di maggior forza e contare di più nell’eventuale nuovo governo.
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