I lampi gamma sono esplosioni che rilasciano getti di materia con velocità prossime a quelle della luce. Si tratta di eventi che osserviamo come lampi estremamente luminosi nelle frequenze dei raggi gamma, così intensi da sopraffare qualsiasi altra sorgente ad alte energie nel cielo. I lampi gamma hanno una durata variabile e si classificano in corti e lunghi: i primi sono solitamente dovuti alla fusione attraverso l’emissione di onde gravitazionali di due stelle di neutroni o di una stella di neutroni con un buco nero e hanno una durata che va da poche decine di millisecondi fino a 2 secondi; mentre i lampi lunghi, che durano da 2 secondi fino a qualche minuto, sono associati all’esplosione di una stella di massa superiore a venti/trenta volte quella del Sole, giunta alla fine del suo ciclo evolutivo.
Ghirlanda afferma: “I dati confermano che i lampi di raggi gamma lunghi preferiscono formarsi in ambienti poveri di elementi chimici più pesanti dell’idrogeno e dell’elio – che gli astrofisici chiamano genericamente metalli – consistentemente con le proprietà delle galassie che li ospitano. Questo aspetto determina che l’efficienza con cui i loro progenitori, stelle di grande massa, li producono aumenta con l’aumentare della distanza a cui li osserviamo, in conseguenza della diminuzione globale dei metalli nell’Universo.” “L’elemento di novità è il fatto di aver capito che i GRB lunghi tendono a essere più luminosi in epoche cosmiche passate”, aggiunge Salvaterra. “Quindi, oltre all’ambiente in cui si formano, è possibile che la stessa metallicità giochi un ruolo nel rendere più luminosi i lampi di raggi gamma osservati a distanze più elevate”.
I GRB sono al centro di continue rivoluzioni scientifiche in ambito astrofisico in cui INAF è impegnato sia sul piano osservativo interpretativo che con la partecipazione a grandi missioni dallo spazio per la loro rivelazione e studio. Lo studio pubblicato su ApJ e firmato dai due ricercatori INAF rappresenta un mezzo per diverse collaborazioni internazionali per la messa a punto di nuovi strumenti da Terra e dallo spazio. Alla base dei loro calcoli e dei loro risultati c’è l’applicazione di un metodo statistico bayesiano a dati di archivio e la raccolta di campioni di eventi ben selezionati presenti in letteratura.
(La redazione di “Le Scienze” non è responsabile del testo di questo comunicato stampa, che è stato pubblicato integralmente e senza variazioni)
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