M5S resta al governo ma chiede discontinuità. Presentato documento

M5S resta al governo ma chiede discontinuità. Presentato documento

Nessuna crisi. Fonti di Palazzo Chigi riferiscono che l’incontro tra il premier Mario Draghi e il leader del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, è stato “positivo e collaborativo”. Il capo pentastellato ha “confermato il sostegno all’esecutivo, molti dei temi sollevati sono in linea con il governo”. In ogni caso quest’ultimo ha deciso di porre la fiducia sul decreto Aiuti e di superare così il blocco dei 400 emendamenti che ne renderebbero impossibile l’approvazione entro metà luglio. Il voto di fiducia ci sarà domani e quello finale a Montecitorio è previsto per lunedì prossimo.

 

Conte al termine dell’incontro ha dichiarato: “Nel M5S c’è profondo disagio per gli attacchi pregiudiziali nei suoi confronti. Restiamo al governo ma serve un forte segno di discontinuità”. I grillini hanno presentato al premier un documento di 9 punti: oltre a reddito di cittadinanza, salario minimo, decreto dignità, aiuti a famiglie e imprese, transizione ecologica, cashback fiscale, presenti anche i due temi che più di altri hanno scatenato negli ultimi giorni forti contrasti con l’esecutivo: il superbonus al 100 per cento e il no alla costruzione del termovalorizzatore di Roma.

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Il Movimento fa delle richieste precise anche sul salario minimo: “L’esistenza di una platea di 4,5 milioni di lavoratori che hanno buste paga da fame, che ledono la loro stessa dignità, rende assolutamente urgente l’introduzione del cosiddetto salario minimo. È una misura molto diffusa anche in altri Paesi europei. Il nostro progetto di legge valorizza anche i contratti collettivi di riferimento e vale a espungere dal sistema quelli pirata. Questa riforma è prioritaria”. Ma c’è dell’altro. In un passaggio del documento, chiamando direttamente in causa il premier, è scritto: “Le abbiamo più volte rappresentato, invano, come non sia accettabile che il Consiglio dei ministri sia rilegato al ruolo di mero consesso certificatore di decisioni già prese, con provvedimenti normativi anche molto complessi che vengono portati direttamente in Consiglio o, quando va bene, con un anticipo minimo, comunque inidoneo a consentire un’analisi adeguata”.

 

Dunque, rientrata l’ipotesi di un’uscita dei Cinque Stelle dalla maggioranza i toni del documento non sono distesi. Si ha ancora l’impressione che il partito di Conte non abbandonerà le proprie ambiguità e che continuerà a vestire i panni di forza di governo e insieme di opposizione. Peraltro, la decisione di Draghi di porre la fiducia sul decreto Aiuti, che in un primo momento aveva accuratamente evitato, dimostra che a Palazzo Chigi non si fa affidamento sulle eventuali mosse di alcuni gruppi parlamentari.

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Intanto, non mancano le prime reazioni sull’esito dell’incontro. I primi a commentare sono i leader dei partiti più piccoli. Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria e guida di Italia al Centro parla di “giornata surreale” e di “tanto rumore per nulla”. “Tutta l’eversione”, dice, “si è ridotta in un documento consegnato a Draghi. Non mi pare che sia stato un incontro risolutivo in nessun senso”. Molto critici con 5S e governo i parlamentari di Alternativa c’è, la compente formata da ex grillini: “Dopo tanto marketing da parte del Movimento 5 Stelle l’ultimatum di Conte si è trasformato nell’ennesimo penultimatum e il Governo ha deciso di mettere la fiducia sul decreto Aiuti, la 52esima in 15 mesi di Governo Draghi”. Quella “andata in scena è una pantomima”.

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