Perché politica, prezzi e procedure frenano la Ferrari Draghi

Perché politica, prezzi e procedure frenano la Ferrari Draghi

Mario Draghi torna da Kyiv con negli occhi e nell’animo gli orrori della guerra e deve tuffarsi nel circo mediatico-politico italiano. A Palazzo Chigi sospirano preoccupati. Un grand commis del primo cerchio si rammarica: “Abbiamo a disposizione una Ferrari e la facciamo andare come una vecchia 500”. Fuor di metafora, il nostro interlocutore è convinto che bisognava cogliere di più e meglio l’occasione di un governo di emergenza a larghissima maggioranza guidato da una personalità preparata, autorevole che in questi mesi ha via via acquisito un certo carisma, freddo se vogliamo, ma nient’affatto distante, meno che mai scostante. Sfruttarlo come? Il cruccio fondamentale riguarda il Pnrr. “Certo per quest’anno riusciamo a centrare gli obiettivi che sono fondamentalmente le riforme, presupposto per la riuscita del piano – spiega – Ma dal 2023 si tratta di mettere a terra i progetti, quindi di aprire i cantieri. Chi sarà allora al governo? E che parlamento uscirà dalle urne?”.

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