Sì ai termovalorizzatori, nomi condivisi nei collegi: i paletti di Calenda al Pd

Sì ai termovalorizzatori, nomi condivisi nei collegi: i paletti di Calenda al Pd

 Il nodo dovrebbe essere sciolto al più tardi domani. «Entro lunedì decideremo», fa sapere via Twitter Carlo Calenda. Da giorni conteso tra chi lo vorrebbe alleato col Pd (e sono in molti, tra i dem) e chi, come Matteo Renzi, ma pure una buona parte della base e degli eletti di Azione, non fa che ripetergli i vantaggi di una corsa in solitaria. Ma se fino a 24 ore fa il Rubicone sembrava ormai oltrepassato, con il terzo polo di fatto ancorato al centrosinistra, ieri tutto è tornato di nuovo in forse.

Perché nel quartier generale dell’ex ministro dello Sviluppo è suonato forte un campanello d’allarme. Che arriva dalla base del partito, «in rivolta» per la prospettiva di trovarsi schiacciati in un fronte con la sinistra del no ai rigassificatori e pro reddito di cittadinanza. Perché «va bene fare blocco contro la destra della Meloni», la preoccupazione condivisa anche da una parte dei vertici di Azione: «Ma se poi nei collegi uninominali ci troviamo nomi come Luigi Di Maio, Nicola Fratoianni o Angelo Bonelli, è troppo da mandar giù». Meglio invece andare in solitaria, il suggerimento: «Facciamo come Macron, alternativi a destra e sinistra». 

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Uno scenario premiato anche dai sondaggi: «Da soli possiamo puntare al 10-15», ragionano i collaboratori di Calenda. «Insieme al Pd invece ci danno intorno al 6». Una preoccupazione che nei giorni scorsi sarebbe stata espressa anche dagli ex forzisti, come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna. Convinte che per loro sarebbe ben più arduo raccogliere voti nei rispettivi collegi presentandosi insieme ai vecchi rivali dem: «Gli elettori di Forza Italia così non ci seguiranno», il timore.,37>

Non rassicura più di tanto neanche lo schema di una «alleanza tecnica» proposto da Enrico Letta. Un’intesa cementata sulla necessità di strappare alla destra quanti più collegi possibili, più che sulle visioni in comune. Perché per i collegi vanno trovate figure condivise, e non è facile. Azione non vorrebbe né Di Maio, né Bonelli né Fratoianni (cui pare invece sia già stato destinato dal Pd un seggio a Pisa). I dem, sul fronte opposto, avrebbero chiesto di tenere nel proporzionale, dunque sotto le insegne di Azione, Carfagna e Gelmini, ma pure il senatore ex FI Andrea Cangini, per evitare imbarazzi. Richiesta che Calenda avrebbe accolto, a patto però che anche dal Pd si mostri la stessa disponibilità. 

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LE CONDIZIONI
La trattativa, in ogni caso, non si è interrotta. L’ex ministro dello Sviluppo è stato chiaro nel porre a Letta alcuni paletti: condizioni “sine qua non” per continuare il dialogo. Anche al di là dei veti sui singoli nomi. La prima: rigassificatore a Piombino (e termovalorizzatore a Roma). Un punto centrale dell’agenda di Calenda, disposto anche a «militarizzare» il porto toscano pur di realizzarlo. Una linea che non potrebbe essere più lontana da quella dei rosso-verdi Fratoianni e Bonelli. Dunque, ecco la richiesta a Letta: «Chiarezza. Il rigassificatore dev’essere un punto centrale». In subordine, sarebbe stata la concessione del leader di Azione, nessuno in campagna elettorale faccia del “no” su questo fronte la sua bandiera. Il secondo punto riguarda ancora i collegi. Azione ne avrebbe chiesti 20 sicuri. Non una pretesa da poco, visto che Letta ne ha già promessi 3 a Leu e 3 a Sinistra Italiana. Azione vorrebbe poi una guida “a due” della campagna elettorale. Un tandem Letta-Calenda, con gli altri protagonisti del centrosinistra sullo sfondo. 

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Letta accetterà? Al Nazareno c’è chi scommette di sì. Perché il bacino di voti offerto in dote da Calenda è troppo prezioso per essere disperso. Soprattutto ora che le cose con Matteo Renzi si sono fatte complicate. «Non mettiamo veti», ha ripetuto ieri il segretario Pd (che ha ribadito: «Nessun rapporto politico-elettorale coi grillini»). Al Nazareno però gira un sondaggio che «ha raffreddato molto gli animi», racconta un big toscano dem. «Renzi ci farebbe perdere molti più voti di quanti ne può portare. Anche nel caso in cui Italia Viva andasse bene. E nessuno – confida – ci scommette». 
 

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