Superbonus, la normativa lascia spazio ad escamotage?

Superbonus, la normativa lascia spazio ad escamotage?

05/07/2022 – Nelle pieghe della normativa sul Superbonus c’è spazio per qualche escamotage. Le condizioni per ottenere la detrazione, infatti, non devono essere mantenute per tutto il tempo in cui si fruisce del bonus.
 
Ci sono dei momenti precisi in cui verificare, ad esempio, la condizione della corretta destinazione d’uso o il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio. Dopo le verifiche, la situazione può cambiare senza incorrere nella revoca dell’agevolazione. In generale, rispettando le prescrizioni degli articoli 119 e 120 del Decreto Rilancio, la detrazione è al sicuro.
 
Così l’Agenzia delle Entrate, con la circolare 23/E/2022, ha spiegato che si perde il Superbonus solo se emerge un utilizzo distorto dell’agevolazione.
 

Superbonus e cambio di destinazione d’uso degli immobili

L’Agenzia ha già spiegato, con la Circolare 30/E/2020, che sono ammesse al Superbonus le spese per la realizzazione di interventi su immobili che solo al termine degli stessi saranno destinati ad abitazione.
 
Per ottenere il Superbonus, è necessario che nel provvedimento amministrativo che autorizza i lavori risulti il cambio di destinazione d’uso del fabbricato, in origine non abitativo.
 
Alla fine dei lavori, l’immobile deve rientrare in una delle categorie catastali ammesse alla detrazione: deve cioè essere classificato come immobile residenziale, ma non nelle categorie A/1 (abitazioni di tipo signorile), A/8 (Abitazioni in ville) e A/9 (Castelli e palazzi storici).

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Superbonus, la prevalenza residenziale

La possibilità riconoscere l’agevolazione agli interventi che implicheranno il cambio di destinazione d’uso degli immobili impatta sul calcolo della prevalenza della superficie residenziale.
 
La normativa sul Superbonus prevede infatti che, se la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio in condominio è superiore al 50% della superficie complessiva, possono ottenere l’agevolazione anche i proprietari delle unità immobiliari non residenziali che sostengono le spese per le parti comuni.
 
L’Agenzia spiega che questa verifica deve essere condotta al termine dei lavori. Questo comporta che la detrazione spetta anche nell’ipotesi in cui gli interventi agevolabili siano realizzati su un immobile appartenente alle categorie A/1, A/8, A/9, escluse dalla detrazione, ma che al termine dei lavori sia invece classificato in una categoria ammessa alla detrazione.
 
La stessa considerazione può essere fatta per un’unità immobiliare residenziale classificata in categoria A/4 (Abitazioni di tipo popolare), che usufruisce del Superbonus e viene conteggiata nel calcolo della superficie residenziale. L’immobile in un secondo momento può cambiare destinazione e diventare strumentale all’esercizio di un’attività professionale. Il cambiamento non fa perdere il Superbonus.
 
Questo perché, spiega l’Agenzia, “in assenza di una specifica preclusione normativa, si ritiene che non osti alla fruizione dell’agevolazione la circostanza che l’immobile classificato – anche al termine dei lavori agevolabili – in una categoria ammessa alla detrazione possa cambiare, in futuro, destinazione d’uso”.
 
In altre parole, i beneficiari del Superbonus ne usufruiscono in 5 anni (4 per le spese sostenute nel 2022), ma non è obbligatorio che l’immobile oggetto degli interventi conservi i presupposti per tutta la durata della detrazione.
 

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Superbonus e numero degli immobili che compongono l’edificio

La stessa logica può essere applicata al numero degli immobili esistenti all’inizio dei lavori.
 
L’Agenzia ha spiegato che, in assenza di una espressa previsione normativa al riguardo, è possibile fruire del Superbonus anche nell’ipotesi in cui, prima dell’inizio dei lavori, il contribuente, unico proprietario di un edificio, lo suddivida in più unità immobiliari distintamente accatastate al fine di beneficiare di un limite di spesa più elevato.
 

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