UN TERZO LAVORATORI CON MENO DI MILLE EURO AL MESE. SENZA RDC UN MILIONE DI POVERI IN PIU’

UN TERZO LAVORATORI CON MENO DI MILLE EURO AL MESE. SENZA RDC UN MILIONE DI POVERI IN PIU’

ROMA – Sono circa quattro milioni i lavoratori pagati meno di 12mila euro lordi all’anno, un  terzo quasi un terzo di tutti i lavoratori dipendenti. E la drammatica fotografia scattata per l’Italia, paese canaglia in Europa, dall’ultimo rapporto Istat.

L’Istat rivela anche che in un milione e 900 mila famiglie l’unico componente occupato è un lavoratore non-standard, cioè a tempo determinato, collaboratore o in part-time involontario.

Inoltre, sempre secondo il rapporto annuale Istat, “le misure di sostegno economico erogate nel 2020, in particolare reddito di cittadinanza e di emergenza, hanno evitato a un milione di individui (circa 500 mila famiglie) di trovarsi in condizione di povertà assoluta”.

L’intensità della povertà, senza sussidi, nel 2020 sarebbe stata di 10 punti percentuali più elevata, raggiungendo il 28,8% (a fronte del 18,7% osservato).

L’inflazione rischia di amplificare il disagio del lavoratori poveri, oltre che di tutta la popolazione, andando a colpire i redditi medio-bassi. A fine anno, sottolinea l’Istat, ci si attende una variazione dell’indice armonizzato dei prezzi al consumo pari a +6,4%. “Senza rinnovi o meccanismi di adeguamento ciò comporterebbe un’importante diminuzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali che, a fine 2022, tornerebbero sotto i valori del 2009”.

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ll numero di individui in povertà assoluta è quasi triplicato dal 2005 al 2021, passando da 1,9 a 5,6 milioni (il 9,4% del totale), mentre le famiglie sono raddoppiate da 800 mila a 1,96 milioni (il 7,5%).

La povertà assoluta è tre volte più frequente tra i minori (dal 3,9% del 2005 al 14,2% del 2021) e una dinamica particolarmente negativa caratterizza anche i giovani tra i 18 e i 34 anni (l’incidenza ha raggiunto l’11,1%, valore di quasi quattro volte superiore a quello del 2005, il 3,1%).

Nel 2021, un milione 382 mila minori e un milione 86 mila giovani di 18-34 anni sono in povertà assoluta; lo sono inoltre 734 mila anziani, tra i quali l’incidenza si ferma però al 5,3%.

Aumenta la povertà, e non nascono più bambini.  Da un anno all’altro c’è stato un calo della popolazione di 658 mila unità, saldo tra nascite e decessi. Sono calate le nascite, sono in costante calo dopo il 2008, anno di massimo relativo più recente.

E continuano a calare: nel primo trimestre del 2022 si è registrato già un meno 12%. Con una notazione: il crollo delle nascite è particolarmente accentuato tra le donne con meno di 30 anni. Per capire quanto sia alto il debito demografico che lasciamo alle generazioni future: al 1° gennaio 2022 la stima dell’indice di vecchiaia — anziani di almeno 65 anni per 100 giovani di età inferiore a 15 anni — è pari al 187,9 per cento, aumentato in 20 anni di oltre 56 punti percentuali. Nei prossimi 20 anni si prevede un aumento di altri 100 punti con l’indice di vecchiaia pari al 293 per cento nel 2042 . Non è difficile immaginare cosa possa significare questo in termini di previdenza, spesa sanitaria e assistenza. Gli individui in età 65 anni e oltre sono 14 milioni e 46 mila a inizio 2022, 3 milioni in più rispetto a venti anni or sono, e costituiscono il 23,8 per cento della popolazione totale; nel 2042 saranno quasi 19 milioni e rappresenteranno il 34 per cento della popolazione totale.

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Del resto con gli stipendi da fame che sono offerti in Italia dalla classe imprenditoriale, è difficile mettere su famiglia.

C’è un dato sulle retribuzioni che salta agli occhi nel rapporto dell’Istat, quello dei lavoratori dipendenti nel settore privato. Il calcolo è stato fatto escludendo i lavoratori nell’agricoltura e quelli domestici, ed è venuto fuori che quasi un lavoratore su tre (il 29,5%) ha una retribuzione lorda l’anno inferiore a 12 mila euro, mentre per circa 1,3 milioni di dipendenti (il 9,4%) la retribuzione oraria è inferiore a 8,41 euro l’ora.

 

 

 

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