‘Vi spiego come trovare lavoro grazie al cibo di lusso’

‘Vi spiego come trovare lavoro grazie al cibo di lusso’

Da cameriere a capo di una blasonata società di luxury food, il cibo d’alta gamma e quanto vi gira intorno. No, non è un sogno impossibile ma quello che potrebbe accadere a chi partendo dalla sala di un ristorante potrebbe scalare un settore tutto da esplorare. Non ha dubbi in proposito Lelio Mondella consulente e docente di “Luxury and fine food management” prima in Sda Bocconi e ora alla Luiss Business School. Lui che è stato sempre a tu per tu con il lusso da assaggiare, in vari ruoli, manager, Ceo e amministratore delegato, fra il caviale Calvisius, la pasticceria Cova, il salmone Starlaks e il cioccolato Domori, rivela al Gusto i segreti di un mondo da scoprire in punta di palato. E lo fa partendo dai primi passi. “Servire ai tavoli soprattutto nell’alta ristorazione o negli alberghi dove il lavoro è strutturato e si ha a che fare con una clientela internazionale – spiega – può essere un’esperienza formativa davvero importante, non solo per la propria vita, ma per fare carriera nel mondo dell’alta gamma”.

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Lelio Mondella

Lelio Mondella 

Sembra un appello indiretto contro la mancanza di personale nella ristorazione…

“Per quanto riguarda questo argomento, non ci sono solo le spiegazioni legate a reddito di cittadinanza e orari complicati. Occorre parlare anche di comunicazione e scuole di formazione. Sul primo punto servirebbero campagne social magari sovvenzionate dal governo per nobilitare” il profilo percepito della figura del cameriere come quella di un vero e proprio consulente a tavola. Sul secondo si dovrebbero creare delle vere e proprie scuole di formazione aperte a tutti e sovvenzionate abbassando il costo del lavoro della categoria e facilitando un sistema che premi i migliori. Altrimenti sarà difficilissimo reperire personale. Quanti lavorano in sala son le figure chiave dellintera filiera a monte, possono contribuire a determinate il successo o linsuccesso non solo del ristorante presso il quale lavorano, ma addirittura quello delle aziende delle quali servono i prodotti”.

 

Soprattutto quelli di lusso…

“Esatto. Ecco perché dico che per lavorare in questo settore è utilissimo aver fatto i camerieri, trait d’union con chi crea i piatti e chi li gusta. Sono loro a presentarli, a raccontarli. E se lo fanno in maniera appassionata e con professionalità, ci ‘guadagnano’ tutti, in termini di emozione, di immagine, e di produzione concreta. È come avere un feedback, un riscontro immediato di quanto è apprezzato un prodotto, sia esso una bottiglia Ferrari o Franciacorta, dei tartufi, del caviale, del salmone e così via. Per questo a un giovane che mi chiedesse dei consigli per lavorare in questo settore direi prima di tutto di avere grande passione e curiosità. Provare a mettere le mani in pasta”  facendo esperienza in un ristorante. E dopo una laurea triennale tecnica o economica frequentare uno dei master in food and wine offerti da tutte le migliori business school in Italia o allestero. Indispensabile sapere molto bene linglese e anche il francese”.

 

Che opportunità ci sono?

“Ce ne sono tantissime, soprattutto allestero, Usa e Cina in testa. Sia nelle vendite internazionali che nel marketing c’è sempre richiesta. Anche nelle società italiane c’è spazio nella parte digitale ma occorre sempre guardare al di là dei confini, all’espansione in altri Paesi, alla necessità di viaggiare, di investire in un percorso contaminato in senso positivo. Si pensi a quanto si è affermata nel mondo della comunicazione la tendenza ad accostare i marchi della gioielleria di lusso e del fashion al mondo del cibo, nei caffé,  nella ristorazione. Non è infatti più una novità prendere un aperitivo da Bulgari, bersi un drink in un ristorante Louis Vuitton, fare un brunch da Ralph Lauren, pranzare da Gucci, avere unesperienza di ristorazione stellata da Dior. E sempre più spesso i grandi nomi della moda organizzano per l’appunto delle vere e proprie esperienze  per ospiti e compratori stranieri per far conoscere il dietro le quinte delle nostre eccellenze”.

È difficile trattare il luxury food in un momento difficile per l’economia, quando tutto aumenta e si punta a risparmiare?

“Nonostante il momento internazionale complesso e la congiuntura economica, il mondo del lusso sta crescendo e si presume possa recuperare le quote di mercato che aveva pre-pandemia entro un paio di anni. Per il food è previsto lo stesso trend o forse meglio. Sicuramente sono cambiati paradigmi e pertanto limportanza di una strategia omni-channel, multi canale, è ormai indiscussa così come le attese che i consumatori hanno in termine di sostenibilità e capacità di innovazione sono altissime. La televisione, i podcast e i magazine conservano un ruolo chiave soprattutto se saranno capaci di attrarre i giovanissimi, penso alla generazione Z, che comincia a sentire il fascino del lusso sia nel fashion che nel cibo a condizione di essere sempre e stimolata e mai delusa”.

 

Come si promuove il prodotto d’alta gamma?

“In questo mercato di nicchia innanzitutto occorre preservare il corretto posizionamento, sempre e comunque nei diversi canali di vendita. Vivendo un mercato ormai liquido è possibile trovare luxury food o presunto tale ovunque, dagli chef stellati ai discount, dalla bottega gourmet ad Amazon e pertanto effettuare delle scelte commerciali corrette e coerenti senza cedere alle lusinghe dei facili volumi. Un esempio di promozione sono le compagnie aeree o di crociera che offrono in business o first class un servizio e un cibo proposto in modo coerente ad un target di consumatori che si gioverà di unesperienza di alto profilo, essendo il cibo una delle leve più importanti delle travel companies per differenziare le varie classi e competere tra brand. Lufthansa fin dagli anni 80 serviva caviale nelle first class e molti frequent flyer la sceglievano anche per questo motivo”.

 

Fra lusso e cibo, insomma, il rapporto è proprio stretto

“Sono due grandi forme di espressione del piacere che distinguono lessere umano dagli altri animali. Lusso deriva infatti dal latino luxus, eccesso, ostentazione, sfoggio di ricchezza (di una casa, di abiti, di cibo). Ricchezza, prosperità, sovrabbondanza. Coco Chanel diceva daltronde: ‘Il lusso è una necessità che inizia dove le necessità finiscono’. Lo stesso pensiero può esser attribuito al gusto perché va oltre le necessita di alimentarsi, è uno dei cinque sensi di cui luomo è dotato, esercitato attraverso gli organi gustativi per mezzo del quale viene riconosciuto e controllato il sapore degli alimenti. In senso più ampio è la capacità di intendere, riconoscere e apprezzare il bello”.

 

Infatti si dice “avere gusto”

“Il filosofo Feuerbach già a metà dell800 diceva che ‘l’uomo è ciò che mangia’, mettendo il cibo all’origine della società, del pensiero, della religione e persino delle differenze culturali e di classe. Per lui l’immortalità degli dei deriva dal fatto che, come racconta Omero, non si nutrono di pane e vino ma di cibi non umani come nettare e ambrosia, cibi di lusso trait d’union tra natura e cultura. Per apprezzare il lusso e per avere gusto risulta fondamentale essere formati  tecnicamente, avere cultura oltre che naturalmente sensibilità al bello”.

E l’Italia come vive questo rapporto?

“Da sempre il nostro Paese e la Francia sono i depositari delle pietre miliari alla base del lusso  e del gusto, almeno per come noi occidentali li concepiamo. Questi due forme di espressione di piacere, una volta declinate in business, condividono 5 valori, ancor più radicati per gli italiani: l’artigianalità, l’Heritage inteso come patrimonio storico-culturale, il distretto-terroir  come origine-provenienza, il posizionamento in alto (di cui il prezzo è la leva più importante ma non l’unica) e lesperienzialità che genera un’emozione. Un altro elemento fondamentale è lo storytelling e quindi dare ai propri brand un’identità forte e riconoscibile”.

 

Come si fa?

“Ricordo i consigli di un importantissimo manager di Amazon a Londra nella World Alumni Bocconi Conference: ‘Fate belle fotografie dei prodotti, descrizioni puntuali e accattivanti, in store dedicati per poter raccontare bene i vostri marchi’. Indispensabile è poi la cosiddetta educazione del cliente e del consumatore finale. In tal senso i francesi, soprattutto nel vino e negli Champagne, sono più bravi anche perché da decenni hanno supporti e denari governativi per la promozione dei loro prodotti nel mondo che noi ci scordiamo anche per fattori di campanile o individualismo italico figlio della nostra storia, ahimè noi non ci presentiamo mai compatti e uniti”.

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