Una vita che si spegne in appena cinquanta secondi sotto il peso di colpi sferrati a raffica senza un perché o per motivi talmente futili che qualsiasi “perché”, argomentato a difesa, non potrà mai bastare. E certo, la sentenza attesa oggi dalla Corte d’Assise di Frosinone potrà forse placare un dolore intimo e familiare e alleviare quello sgomento collettivo che non si è mai sopito dalla notte del 6 settembre 2020.
Willy, Gabriele Bianchi: «Non l’ho toccato neanche con un dito». Il difensore: «Nessuno ha visto il pestaggio» La madre: «Mio figlio non si è ucciso da solo»
LA DINAMICA
Colleferro, un ventunenne di Paliano, Willy Monteiro Duarte, esce con i suoi amici, è sabato sera, c’è voglia di divertirsi, di ridere e di scherzare. Poi però tra largo Oberdan e largo Santa Caterina, a pochi metri dal locale “Duedipicche”, arriva un Suv, un Q7, con a bordo quattro uomini, tra cui i fratelli Marco e Gabriele Bianchi, 28 e 26 anni, originari di Artena, che scendono e si dirigono verso quel ragazzo che pochi minuti prima aveva provato a sedare una rissa in cui erano rimasti coinvolti anche dei suoi compagni e a strappare dagli apprezzamenti sguaiati di alcuni amici dei Bianchi una coetanea. Willy verrà picchiato per questo: per essersi intromesso e morirà a seguito di quei colpi sferrati alla cieca in un lasso di tempo brevissimo. «Cinquanta secondi – argomenteranno i pm di Velletri – di sofferenza incredibile». L’esito dell’autopsia sarà devastante non solo per chi leggerà quel referto: spappolati il fegato, la milza, i polmoni e il cuore. I sanitari dell’istituto di Medicina legale del policlinico di Tor Vergata non hanno potuto stabilire quale trauma abbia determinato il decesso, talmente diverse e simultanee furono le emorragie interne. Violenza cieca e inaccettabile che pure i fratelli Bianchi, finiti a processo con l’accusa di omicidio volontario aggravato dai futili motivi, hanno nei mesi scorsi provato a giustificare, minimizzare, rimpallando colpe e responsabilità. Nel processo, iniziato il 10 giugno 2021, seppur con posizioni diverse, anche alcuni loro amici come Mario Pincarelli e Francesco Belleggia per i quali l’accusa ha chiesto una condanna a 24 anni.
Ma per spiegare l’importanza di “oggi” bisogna tornare alle 3 del mattino del 6 settembre 2020. In quel locale di Colleferro c’è il gruppo dei fratelli Bianchi. Marco e Gabriele, muscoli rigonfi, tatuaggi in bella vista, il vanto social e non solo di praticare le “Mma”, le arti marziali miste, guai con la giustizia già collezionati con il reddito di cittadinanza in tasca e il falso Rolex al polso. In zona li conoscono tutti, per loro è motivo di vanto. Lasciano il locale, per andare a fare sesso con delle donne nel parcheggio del cimitero, ma poi tornano perché alcuni loro amici iniziano a discutere con il gruppo di Willy. Sulla scena dunque ecco arrivare il Suv, i Bianchi scendono, si buttano nella mischia, colpiscono fino ad ucciderlo Willy, colpevole solo di aver provato a dire “basta”. Quella sera, dopo aver smesso di servire ai tavoli di un ristorante, il 21enne di origini capoverdiane, non si è girato dall’altra parte.
IL DOLORE DELL’ITALIA
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