Se qualche volta ci domandiamo se sia possibile perder di vista delle cose messe lì – un attimo prima – proprio davanti a noi, sapere che un aereo sia sparito nei cieli dell’Iran, facendo perdere ogni sua traccia, aiuta a risponderci che forse “Sì, è possibile”: decollato dall’Estonia lo scorso 20 Febbraio, il Boeing 373 ha attraversato mezza Europa per poi polverizzarsi nel nulla. A bordo pare ci fossero solo due piloti: un dettaglio che resta anch’esso un punto interrogativo. L’unica cosa che si sa è che l’ultimo segnale è stato captato vicino al lago di Urmia. Il velivolo sarebbe atterrato con la scusa di un’emergenza tecnica nella Repubblica islamica per aggirare l’embargo imposto al Paese, per poi finire nelle mani di un’aviolinea locale che, causa sanzioni, non può comprare velivoli. “Un trucco per aggirare l’embargo contro Teheran”, sono state le parole d’accusa lanciate. Dunque, eliminate ipotesi di schianto, e ufficiale che non ci siano vittime.
Il decollo
Il mistero del Boeing 737-300 inizia il 19 Febbraio: il jet è operato dal vettore Fly Armenia Aiways, creato nell’autunno del 2019, con un logo a dir poco simile a quello di Air Italy, l’ex Meridiana finita in liquidazione. L’aereo ha lasciato l’aeroporto di Tallin, in Estonia: un particolare non indifferente se si considera che le compagnie aeree armene sono nella black list europea: non possono volare sopra l’UE. Eppure, il bimotore – matricola EK-FAA – ha decollato verso le 10 locali (9 di mattina in Italia) con destinazione Hostomel (Ucraina), per una sosta tecnica prima di ripartire per gli Emirati Arabi Uniti, dove lo attendevano interventi di manutenzione: ma anche se questo non è giunta conferma.
Un volta sopra l’Ucraina, il Boeing ha virato verso la Bulgaria, altro Paese dell’UE, finché non ha atterrato a Varna, dopo aver attraversato anche la Romania. Fino a quel momento, dalle prime indiscrezioni, non sembra esser scattato alcun allarme nei cieli continentali, e nemmeno la mattina seguente. Alle 9:24 locali (8:24 italiane) il veicolo ha ripreso quota, come mostrato dai tracciati recuperati dalle piattaforme specializzate, per poi entrare nello spazio aereo gestito da Teheran alle 14:03 (12:24 in Italia). Da lì in poi, nessuna traccia.
La sparizione
Sono stati chiesi chiarimenti a Eurocontrol – il consorzio che vigila sui cieli europei – da parte del Corriere della Sera ma ancora nessuna risposta è giunta. Tra le tante ricostruzioni che si susseguono, il sito armeno Armenpress sostiene che dagli Emirati avrebbero contattato la capitale Erevan – al centro di tensioni politiche sociali negli ultimi giorni – affermando che il veicolo non si è visto nei loro aeroporti e che forse è stato dirottato; altre fonti hanno invece spiegato che in realtà un problema tecnico aveva costretto il Boeing ad atterrare all’aeroporto di Teheran. Ma resta il fatto che – da dodici giorni – nessun aereo con quel codice identificativo è mai più decollato.
L’esistenza del volo “tecnico” è stata confermata dall’autorità armena per l’aviazione civile ai giornali locali, il 23 Febbraio, dichiarando l’avvio di indagini in corso. Secondo quanto sostengono, a bordo non c’erano passeggeri ma solo 2 piloti di nazionalità straniera, e di cui non si conoscono altri dettagli. L’ente locale tace dinanzi le domande del Corriere, e in silenzio rimane anche il ministero armeno dell’Amministrazione territoriale e delle infrastrutture. “In questo momento è in corso un procedimento legale – ha spiegato via e-mail una persona che si qualifica come marketing manager di Fly Armenia Airways – quindi non possiamo fornire i dettagli dell’indagine”. “Il managment del vettore – ha aggiunto – è in Iran e sta negoziando per spedire l’aereo in Armenia”.
I sospetti
E’ evidente quanto il tempo in attesa non faccia altro che aumentare dubbi e sospetti su tale vicenda. Secondo il sito specializzato olandese Scramble – il primo ad essersene occupato con attenzione – la stampa locale iraniana pensa che proprio quel veicolo andrà ad aggiungersi alla flotta di Caspian Airlines, compagnia della Repubblica islamica: se così fosse, l’atterraggio d’emergenza era solo un escamotage per vendere aerei di Paesi occidentali (o parti di essi) all’Iran, aggirando così l’embargo imposto. Una pratica, questa, che si servirebbe proprio degli Stati come l’Armenia, l’Iraq, l’Uzbekistan e il Kirghizistan. Fly Armenia Airways ha però smentito nella e-mail al Corriere, accusando di disinformazione Alcuni esperti ricordano che nel 2015, l’iraniana Mahan Air aveva potuto prendersi alcuni Airbus A340 grazie allo stesso escamotage.
Tra l’altro, in tutta questa faccenda, un altro dettaglio contribuisce a renderla ‘bizzarra’: la stessa stampa iraniana ha spiegato che un altro Boeing – il 737-400 – con matricola coincidente con il Boeing di proprietà di Fly Amrneia Airways, volerà con la livrea di Caspian Airlines. Ed anche la compagnia armena mostra più di qualche curiosità a riguardo. Tra le sue destinazioni compaiono ad esempio Marsiglia e Praga: peccato solo che non ci si possa volare, essendo – come scritto – nella black list Ue. Ma Fly Armenia, via e-mail, ha specificato che l’idea è, anzi era, quella di volare ugualmente, noleggiando un aereo di un Paese accettato dall’Unione. E non solo: il numero di telefono del call center (+374-12-737-000) è stato constato dal Corriere che in realtà non funziona – a differenza di quanto dice la compagnia – così come l’interfaccia per le prenotazioni dei voli, i quali non campiono. Mentre nella sezione della flotta si vede soltanto il 737-400.
Oltre 23 anni fa il misterioso Boeign 737-300 è uscito dagli stabilimenti di Renton, nello Stato di Washington. Ha poi volato in Nuova Zelanda, Estonia, Ucraina, Georgia, Emirati Arabi Uniti, Slovenia, Romani e Lituania. Nel 2020 è finito nelle mani di Fly Armenia Airways, ed è stato immatricolato con il codice armeno EK-FAA, il 30 Dicembre 2020 – due giorni dopo il 737-400 e con validità di registrazione fino al 20 Agosto 2025 – come dimostrato dai pubblici registri consultati dal Corriere. Eppure non risulta certificazione di aeronavigabilità: ma forse adesso neanche serve più.
Francesca Perrotta
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